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08:08:18 Agenda settimanale dal 17 al 23 febbraio 2020 in Campania, programmata dal Circuito Teatro Pubblico Campano:

 Cinema Teatro Modernissimo di Telese

Info 0824976106 - Lunedì 17 febbraio, ore 20.30

Marioletta Bideri per Bis Tremila produzioni

presenta Vittoria Belvedere, Maria Grazia Cucinotta, Michela Andreozzi in

Figlie di E.V.A.

di Michela Andreozzi & Vincenzo Alfieri con Grazia Giardiello

con Marco Zingaro, scene Mauro Paradiso, costumi Laura Di Marco

regia Massimiliano Vado

Si ringrazia Renato Balestra per gli abiti del servizio fotografico

Figlie di E.V.A. è la storia di un uomo potente, che frega tre donne, che trovano il modo di vendicarsi. Figlie di E.V.A. è la storia di un ragazzo che incontra tre fate madrine che lo aiutano a realizzare i suoi sogni. Figlie di E.V.A. è la storia di tre donne completamente diverse, che diventano amiche nonostante tutto.

Cioè a dire che Figlie di E.V.A. è tre storie in una, come sono tre i nomi delle protagoniste: Elvira, Vicky e Antonia.

Elvira. Dietro a ogni grande uomo c’è una grande donna: la segretaria. E lei è la Cadillac delle segretarie! Elvira sa, Elvira vede, Elvira risolve. A lei, il Cardinale Richelieu, le fa un baffo.

Vicky. Moglie tradita, è una “povera donna di lusso”, sposata per il suo patrimonio. Un po'

ingenua, un po' scaltra, un po' colomba, un po' volpe. Anzi lince, nel senso della pelliccia.

Antonia. Prof di latino, emigrata, precaria, ma bellissima. E con una scomoda sindrome di La Tourette, po*ca tr**a! Comunque romantica, in attesa del primo amore e di una cattedra.

Cosa le lega? Nicola Papaleo. Sindaco disonesto che le inguaia tutte e tre per diversi motivi: manda

Elvira nelle peste legali per falso in bilancio; abbandona Vicky in diretta tv per una giovincella; incastra Antonia che viene beccata a passare gli scritti di maturità a quella capra di suo figlio e pertanto radiata dal provveditorato.

Le tre, che mal si sopportano, unite da un sano sentimento di vendetta, si coalizzano: lo vogliono morto. Anzi, meglio: lo vogliono trombato, come si dice dei politici che perdono le elezioni.

Perché un politico trombato è più morto di un morto. Scopo del gioco? Far sì che l’odiato Papaleo non venga rieletto sindaco.

Come? Elvira, Vicky e Antonia sanno prendono coscienza che hanno creato un mostro: sostenendo, proteggendo e aiutando il sindaco nella sua ascesa. Ma questo vuol dire che sono in grado di creare anche un antidoto a Papaleo: costruendo a tavolino un candidato “fantoccio” che lo distrugga alle prossime elezioni. Un po' Pigmalione, un pizzico di Cyrano, Cenerentola quanto basta ed è fatta!

Grazie auna serie di estenuanti provini trovano Luca Bicozzi, aspirante attore sfigato con problemi di autostima. Lo blandiscono, lo convincono, e dopo una full immersion in cui le tre figliole gli insegnano tutto, ma proprio tutto quello che serve per diventare un leader Luca conquista il favore dell’elettorato, anche grazie ad un astuto sistema di auricolare con cui viene radiocomandato da Elvira.

Conquista però anche la fiducia in sè stesso, quindi vince un provino come protagonista di una serie. Che farà? Saluterà le tre madrine per rincorrere il suo sogno? Abbandonerà Antonia di cui, nel frattempo, si è innamoratissimo, ricambiatissimo?

Forse è arrivato il momento, per Elvira, Vicky e Antonia, di capire che dietro a un grande uomo a volte non c'è nessuno perché sono le donne che devono avere il coraggio di mettersi davanti a tutti.

Figlie di E.V.A. è la vita per come vorremmo che fosse. E anche per come è perché spesso, le donne, anche quando vogliono vendicarsi, se si mettono insieme sanno creare cose meravigliose.

 

Teatro Auditorium Tommasiello di Teano

info 0823885096 - 3333782429 - Mercoledì 19 febbraio, ore 20.45

Best Live e Artisti Riuniti

presentano Gigi & Ross in

Andy e Norman

di Neil Simon, regia Alessandro Benvenuti

Il duo comico Gigi & Ross debutta a teatro con la commedia Andy e Norman, fiaba moderna del commediografo newyorkese Neil Simon, messa in scena con grande successo a Broadway nel 1966.

La regia e l'adattamento sono a cura di Alessandro Benvenuti, che firmò la storica edizione con Gaspare e Zuzzurro.

La vicenda ruota attorno a due scapoli, appunto Andy e Norman, che dividono lo stesso appartamento e con grandi difficoltà dirigono e producono una rivista alternativa. Purtroppo sono costantemente alle prese con una cronica indisponibilità economica.

Ad alterare il già precario equilibrio tra i due ci penserà Sophie attraente ragazza americana trasferitasi da poco nell'abitazione accanto.

L’avvenenza di Sophie lascerà senza fiato Norman, il quale ne rimarrà estasiato al punto da iniziare una spietata corte, che darà vita a momenti di grande comicità. Compito di Andy sarà, invece, quello di ricondurre Norman alla ragione, anche perché, avendo perso letteralmente la testa, in pratica smette di lavorare.

Si intreccia, quindi, un rapporto a tre, in cui i personaggi si muovono all'interno delle maglie di una trama ricca di situazioni esilaranti. Il testo illustra con armonia e sarcasmo le nevrosi dell’uomo contemporaneo, esaltandone i toni più comici. Il risultato è una commedia divertente e sempre attuale.

“Da sempre mi piace, - afferma il regista Alessandro Benvenuti - nel dirigere colleghi attori, cogliere attraverso il loro talento le malattie curiose della natura umana. Il genere comico è un ottimo modo di raccontare le nostre imperfezioni avendo sempre, e ben presente come scopo finale quello di regalare non tanto una soluzione o un'assoluzione (ma poi da che?) al pubblico, ma piuttosto regalare uno specchio elegante e lindo dentro al quale, se non guarirci, almeno sorvegliare le nostre febbricitanti, piccole, indifese anime”.

 

Teatro Italia di Acerra

Info 0818857258, 3333155417 Giovedì 20 febbraio, ore 20.45

Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere

Info 0823799612 Venerdì 21 febbraio, ore 21.00

Teatro Nuovo di Salerno

info 089220886 Sabato 22, ore 21.00, e domenica 23 febbraio, ore 18.30

Arancia Records & Musicaè Management

presentano Federico Salvatore

in

Malalengua

di Federico Salvatore

con la band composta da Menotti Minervini (basso e contrabbasso), Giacomo Anselmi (chitarre), Luigi Zaccheo (piano e tastiere), Daniele Iacono (batteria e percussioni)

 

Anche la bruttezza ha la sua bellezza! La stessa immagine del diavolo è bella se ne rappresenta bene la bruttezza. E il brutto di Napoli, se rappresentato bellamente, serve a prenderne consapevolezza e a sostenere una vera e propria tesi morale.

E Federico Salvatore con lo spettacolo (teatro-canzone) Malalengua (titolo anche del suo nuovo album), porta in scena il bello del brutto di Napoli.

La malalengua non è solo l’odio mascherato dei maldicenti, ma anche la lingua inchiodata di un Pulcinella sputaveleno che scaglia dal cielo un diluvio di sputi (metafora di acqua lustrale) sulle memorie labili dei napoletani di oggi.

Un Pulcinella smascherato che porta in scena tutte le contraddizioni che rendono Napoli diversa dal resto del mondo. La città-femmina, eterna Lucia canazza, umiliata e vilipesa, che incarna tutti i 50 sinonimi di prostituta che i napoletani hanno rivolto alle malefemmine durante i secoli.

E come contraltare mistico, confronta il Cristo flagellato (Ecce homo) con il calvario della sua città natale (Ecce Napoli).

Se è Napoli la bella addormentata nel Sud da risvegliare, Pulcinella contrappone al leitmotiv turistico “Vedi Napoli e poi muori”, la sua doviziosa disamina del chitemmuorto. Ma è anche una malalingua racconta favole: come quella d’Italia che, sedotta da uno scimpanzè, mette al mondo i due fratelli coltelli Nordista e Sudista; come quella delle carte da gioco umanizzate, con le stesse peculiarità dell’uomo; come la battaglia fra tutti gli elementi di un fritto misto per dileggiare il mondo malavitoso napoletano; o come quella dei sei regali che il Padreterno concede al re, al papa, al soldato, al mercante, al povero e alla femmina.

Insomma, un cantattore che a colpi di versi e rime ha l’illusoria pretesa di destare le coscienze dei suoi coetanei e l’interesse della nuova generazione dello Smartphone. Nella vita, come sul palcoscenico, approfittando della libertà che la società ha sempre concesso ai buffoni di corte e ai pazzi, Federico Salvatore si è sempre posto fuori da ogni regola e, con Malalengua, conferma ancora una volta il suo stile ostile.

 

Teatro Barone di Melito di Napoli

Info 0817113455 Venerdì 21 febbraio, ore 20.45

Teatro delle Arti di Salerno

info 089221807 Sabato 22, ore 21.00, e domenica 23 febbraio, ore 18.30

Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro

presenta

Carlo Buccirosso in

La rottamazione di un italiano perbene

tratto da Il miracolo di Don Ciccillo

scritto e diretto da Carlo Buccirosso

Donatella De Felice, Elvira Zingone, Giordano Bassetti, Fiorella Zullo, Gennaro Silvestro, Peppe Miale, Matteo Tugnoli,, Davide Marotta, Tilde De Spirito, scene Gilda Cerullo e Renato Lori, costumi Zaira de Vincentiis, musiche di Paolo Petrella, disegno luci Francesco Adinolfi, produzione esecutiva A.G. Spettacoli

Alberto Pisapìa, ristoratore di professione, gestisce un ristorante di periferia ormai sull’orlo del fallimento! Sposato con Valeria Vitiello, donna sanguigna dal carattere combattivo, è padre di due figli Viola e Matteo, la prima anarchica e irascibile, l’altro riflessivo e pacato.

Alberto vive ormai, da quasi quattro anni, una situazione di grande disagio psichico che negli ultimi tempi ha assunto la conformazione di un vero e proprio esaurimento nervoso! Difatti, un pò a causa della crisi economica del paese e della propria attività di ristorazione di riflesso, e anche a seguito di una serie di investimenti avventati consigliati dal fratello Ernesto, suo avvocato e socio in affari, Alberto si è ritrovato a dover combattere una personale disperata battaglia contro gli attacchi spietati dell’Equitalia che, con inesorabile precisione lo colpisce quasi quotidianamente nella quiete della propria abitazione, ormai ipotecata da tempo, con cartelle esattoriali di tutti i tipi, di tutti generi, di svariate forme e consistenza!...

E ben poco sembra poter fare l’amore quotidiano di sua moglie Valeria e dei suoi due figli, tesi a recuperare la lucidità di Alberto attraverso l’illusoria rappresentazione di una realtà ben diversa da quella che logora ormai da tempo la serenità dell’intera famiglia Pisapia!... Ed un altro grosso problema contribuirà a peggiorare ancor di più la malattia di Alberto, un cancro indistruttibile che neppure la medicina più all’avanguardia sarebbe stata in grado di debellare: la malvagità di sua suocera Clementina, spietato ed integerrimo funzionario della agenzia delle Entrate! Soltanto un miracolo avrebbe potuto salvare l’anima di Alberto, posseduto irrimediabilmente da orribili pensieri di morte... farla finita con la propria vita, o con quella di sua suocera?!?

Un incubo dal quale potersi liberare solo grazie all’amore della famiglia, che si prodigherà per salvare la vita di un onesto contribuente di questa Iniquitalia! 

Carlo Buccirosso

 

Teatro Comunale Costantino Parravano di Caserta

Da venerdì 21 a domenica 23 febbraio (feriali ore 20.45, domenica ore 18.00) info 0823444051

Khora.teatro, Teatro Stabile d’Abruzzo

in collaborazione con Festival dei due mondi di Spoleto

presentano

Alessandro Preziosi in

Vincent Van Gogh L'odore assordante del bianco

di Stefano Massini

Testo vincitore del Premio Tondelli Riccione Teatro 2005

con

Francesco Biscione, Massimo Nicolini, Roberto Manzi, Alessio Genchi, Vincenzo Zampa

scene e costumi Marta Crisolini Malatesta, disegno luci Valerio Tiberi e Andrea Burgaretta

musiche Giacomo Vezzani, supervisione artistica Alessandro Preziosi

regia Alessandro Maggi

Le austere pareti di una stanza del manicomio di Saint Paul. Come può vivere un grande pittore in un luogo dove non c’è altro colore che il bianco? È il 1889 e l’unico desiderio di Vincent è uscire da quelle mura, la sua prima speranza è riposta nell’inaspettata visita del

fratello Theo che ha dovuto prendere quattro treni e persino un carretto per andarlo a trovare.

Attraverso l’imprevedibile metafora del temporaneo isolamento di Vincent Van Gogh in manicomio, interpretato da Alessandro Preziosi, lo spettacolo di Khora.teatro in coproduzione con il Teatro Stabile d’Abruzzo, che si avvale della messa in scena di Alessandro Maggi è una sorta di thriller psicologico attorno al tema della creatività artistica che lascia lo spettatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine.

Il testo vincitore del Premio Tondelli a Riccione Teatro 2005 per la “…scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva” (dalla motivazione della Giuria n.d.r.) firmato da Stefano Massini con la sua drammaturgia asciutta ma ricca di spunti poetici, offre considerevoli opportunità di riflessione sul rapporto tra le arti e sul ruolo dell’artista nella società contemporanea.

Note di regia

Sospensione, labilità, confine. Sono questi i luoghi, accidentati e mobili, suggeriti dalla traiettoria, indotti dallo scavo. Soggetti interni di difficile identificazione, collocati nel complesso meccanismo dell’organicità della mente umana. Offerti e denudati dalla puntuale dinamicità e dalla concretezza del testo, aprono strade a potenziali orizzonti di ricerca.

La scrittura di Massini, limpida, squisitamente intrinseca e tagliente, nella sua galoppante

tensione narrativa, offre evidentemente la possibilità di questa indagine. Il serrato e tuttavia andante dialogo tra Van Gogh - internato nel manicomio di Saint Paul de Manson - e suo fratello Theo, propone non soltanto un oggettivo grandangolo sulla vicenda umana

dell’artista, ma piuttosto ne rivela uno stadio sommerso.

Lo spettacolo è aperto contrappunto all’incalzante partita dialogica. Sottinteso. Latente. Van Gogh, assoggettato e fortuitamente piegato dalla sua stessa dinamica cerebrale incarnata da Alessandro Preziosi, si lascia vivere già presente al suo disturbo. È nella stanza di un manicomio che ci appare. Nella devastante neutralità di un vuoto. E dunque, è nel dato di fatto che si rivela e si indaga la sua disperazione. Il suo ragionato tentativo di sfuggire all’immutabilità del tempo, all’assenza di colore alla quale è costretto, a quell’irrimediabile strepito perenne di cui è vittima cosciente, all’interno come all’esterno del granitico “castello bianco” e soprattutto al costante dubbio sull’esatta collocazione e consistenza della realtà.

La tangente che segue la messinscena resta dunque sospesa tra il senso del reale e il suo esatto opposto. In una spaccatura in cui domin

a la sola logica della sinestesia, nella quale ogni senso è plausibilmente contenitore di sensi altri, modulandone infinite variabili, Van Gogh è significante e significato di sé stesso. Lo scarto emotivo che subisce e da cui è irrimediabilmente dipendente, rappresenta causa ed effetto della sua stessa creazione artistica, non più dissociata dalla singolarità della sua esistenza e lo obbliga a percorrere un sentiero isolato in cui il solo punto fermo resta la plausibilità di un’infinita serie di universi possibili nei quali ogni tangibilità può rappresentare il contrario di ciò che è.

La riflessione percorre questa suggestione; non il racconto quindi, ma il divenire e la resa

delle infinite varianti conduttrici di un processo creativo filtrate da un’induzione sensoriale il cui respiro, non ultimo, diviene tela su cui restano impresse assenze, mancanze e sorde

cecità. Un’evoluzione lucida, condotta nello straziante sforzo di liberarsi e rendersi tangibile, nel volume e nella densità immanente del colore, che smette la sua primaria connotazione e assume i termini di sensi altri e potenzialmente distanti, ponendo in essere una deriva che trova nel suo rovescio la realtà di opera d’arte.

Lo spettacolo accompagna questa non-logica dei sensi, attraverso uno sfiorarsi dei personaggi che fonde il desiderio alla necessità, sviluppando un alternarsi di simmetrie semantiche a dissonanze di cognizione, un conflitto mutabile, ma mai assente.

È in questo campo, su cui si allineano piani paralleli, pur non senza sovrapporsi, che la potenziale oggettività diviene odorare un suono, ascoltare un colore, toccare un sapore, assaggiare un tessuto, vedere un profumo. Un complesso disegno, tuttavia ferocemente semplice, la cui connotazione intrinseca cambia in funzione della distanza da cui si guarda o si sceglie di percepirlo. E’ un passaggio aperto alla volta della stretta fessura che permette la visione di un assurdo reso accettabile dalla semplicità espressiva dei sensi che

restano qui, nudi e spasmodicamente attivi, esattamente in quel punto della coscienza, attraversato da nient’altro che miliardi e miliardi di neuroni carichi di un unico e solo senso: la vita. Non più “come siamo fatti”. Ma “di che cosa”.

Alessandro Maggi

Teatro Gloria di Pomigliano D’Arco

Info 0818843409 Venerdì 21 febbraio, ore 20.45

Teatro Totò srl

presenta

Verso il mito...Edith Piaf

di Gianmarco Cesario, Antonio Mocciola

con Francesca Marini, Massimo Masiello

regia Gaetano Liguori

Parlare di Edith Piaf, senza entrare nell’iperrealismo, col rischio della narrazione didascalica che occhieggi alla fiction (già abbondantemente utilizzata sia in cinema che in teatro), a questo punta lo spettacolo dove la donna Edith si confronta con il suo mito, l’immortalità della sua figura e della sua arte con la fine della sua vita umana.

Le canzoni, gli uomini, e gli episodi della sua vita si susseguono sulla scena con leggerezza e surrealismo: in un solo uomo lei rivede tutti quelli che l’hanno incontrata, aiutata, sfruttata, amata, odiata, George Moustaki, Yves Montand, Charles Aznavour, Gilbert Becaup, Leo Ferré, Eddie Constantine e Theo Sarapo.

Tutti, in qualche modo, uguali, tranne lui, Marcel Cardan, l’unico a non aver sfruttato il suo nome per diventare famoso, lui che veniva da un mondo diverso, quello dello sport, e che era già famosissimo, ma che un tragico destino le tolse, e dal quale non si sarebbe mai separata, fino ed oltre la morte. Il testo, pensato e scritto per due interpreti di grande spessore, quali Francesca Marini e Massimo Masiello, rispettivamente nei ruoli della Piaf e di tutti gli uomini (o uno solo?) che con lei hanno cantato e vissuto, che grazie a lei hanno avuto la possibilità di provare cosa significhi attraversare l’amore, l’arte, la gioia e il dolore.

Teatro Carlo Gesualdo di Avellino

info 0825771620, 3892932553

Sabato 22, ore 21.00, e domenica 23 febbraio, ore 18.00

Massimo Ranieri rivisita

i grandi classici della canzone napoletana

in

Malìa Napoletana

 

Uno dei più grandi interpreti della canzone italiana per un concerto unico dedicato a tutti gli amanti della musica d’autore, Massimo Ranieri. Dopo lo strepitoso successo ottenuto al Teatro San Carlo di Napoli, a “la Fenice” di Venezia e al Teatro “Petruzzelli” di Bari, le canzoni del suo nuovo album Malìa, compiono un viaggio attraverso i grandi classici della canzone napoletana rivisitati in chiave jazz, con l’accompagnamento sul palcoscenico di alcuni dei più grandi musicisti italiani che faranno rivivere la atmosfere dei favolosi anni 50 e 60.

Da “Malafemmina” di Totò a “Dove sta Zazà”, passando per “Strada ‘nfosa” di Modugno e “Torero” di Carosone, Ranieri arriva al secondo capitolo del suo personale viaggio nella canzone napoletana declinata in versione jazz, iniziato nel 2015 con l'album Malia - Napoli 1950-1960 non tralasciando però i suoi successi di sempre da “rose rosse” a “Perdere l’amore” “da vent’anni” a “Erba di Casa Mia”.

L’artista sarà accompagnato in questo inedito percorso da una rinnovata formazione composta da perle della musica italiana quali Stefano Di Battista ai sassofoni, Enrico Rava alla tromba e al flicorno, Rita Marcotulli al pianoforte, Riccardo Fioravanti al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria.

Malìa, realizzato con la produzione di Mauro Pagani, sorprende per eleganza e originalità: nella loro rielaborazione morbida e spesso intessuta di assoli ammalianti, i brani acquistano nuova eleganza grazie alla voce dell’artista, dando vita a un mix ironico e frizzante tipico dell’espressività partenopea, ma al tempo stesso elegante e pieno di sfumature dal sapore americano.

Ne viene fuori un lavoro delicato, gentile e aggraziato, dove la voce di Ranieri disegna emozioni che dal vivo diventano ancora più intense.

 

Teatro La Provvidenza di Vallo Della Lucania

info 0974717089 Venerdì 21 febbraio, ore 20.45

Teatro Comunale Mario Scarpetta di Sala Consilina

Info 3498713124 Sabato 22 febbraio, ore 20.45

Primoatto Produzioni e Nonsoloeventi srl

presentano

Maurizio Casagrande 

in

Mostri a parte

di Maurizio Casagrande e Francesco Velonà 

con Ernesto Lama/Andrea di Maria, Veruska Rossi, Tiziana De Giacomo,

Nicola d’Ortona, Claudia Vietri, Marianna Liguori scene Sissy Granata
costumi Maria Rosaria Riccio, scenotecnica Davide e Delehaye
immagini e proiezioni Emmedue Service

regia Maurizio Casagrande

 

Le urla di un uomo che viene trascinato via aprono lo spettacolo. “Ma come fate a guardare questa robaccia… aprite gli occhi… ma non lo vedete che sono tutti mostri!”

Franco, dimenticata rockstar degli anni ’80, è sposato con la più giovane Ursula, conduttrice televisiva di grande successo, fervente ammiratrice negli anni d’oro della sua carriera, ma che oggi è la vera “star” di casa.

Lui, un artista non particolarmente bravo, ma sincero ed originale, e lei senza grandi capacità, ma priva di scrupoli e bravissima ad approfittare di chiunque per aumentare gli ascolti. Lui completamente fuori luogo nello show business dei giorni nostri, e lei perfettamente inserita nell’effimero mondo della televisione.

Lui e lei. Un uomo e una donna, ma in realtà il passato ed il presente che si scontrano in campo neutro: Il teatro.

Ursula, quasi per pietà, offre a Franco la possibilità di partecipare alla sua seguitissima trasmissione, ma la cosa si trasforma in un clamoroso flop. Le curve degli ascolti della sua esibizione risultano più basse di quelle della pubblicità, e questo porta alla rottura del rapporto tra i due.

O lui troverà il modo di risalire la china, o lei lo eliminerà dalla sua vita. Ma come fare? Ormai lo spettacolo propone solo robaccia e lui vede solo mostri intorno a lui, non più “sacri”, come un tempo, ma assolutamente “pagani”. Per farcela, dovrebbe diventare uno di loro!

Ed è proprio quello che accadrà quando scoprirà di essere l’erede del dott. Jekyll, ed entrerà in possesso della famosa pozione che riesce a svelare e portare in vita l’altro lato di noi stessi. L’uso della pozione cambierà tutto, e anche Ursula ritroverà per Franco l’antico amore.

Sembra un lieto fine, ma si sa, i finali in cui vissero tutti felici e contenti appartengono alle fiabe, nella realtà la voce di Franco ci porterà al tragico epilogo.

 

Teatro Massimo di Benevento

info 082442711 Sabato 22 febbraio, ore 20.45

Teatro Minerva di Boscoreale

Info 3392401209 - 3381890767 Domenica 23 febbraio, ore 18.30

A.G. Spettacoli srl, Tradizione e Turismo srl

presentano

Peppe Barra

in

I Cavalli di Monsignor Perrelli

scherzo in musica in due tempi

con

Patrizio Trampetti, Enrico Vicinanza, Luigi Bignone scene Carlo De Marino costumi Annalisa Giacci musiche Giorgio Mellone regia Lamberto Lambertini

 

Peppe Barra e la madre Concetta, fondano, nel 1982, Insieme con Lamberto Lambertini, una Compagnia Teatrale. Dodici anni di creazioni originali che vengono rappresentate in tutto il mondo. Alcuni titoli: PEPPE & BARRA – SENZA MANI E SENZA PIEDI – SEMPRESI’, OVVERO IL SEGRETO PER ESSER FELICI – LA FESTA DEL PRINCIPE – LA CANTATA DEI PASTORI. Tre film per LA RAI, con la regia di Lamberto Lambertini, sui loro spettacoli: ARTISTI – SIGNORI, IO SONO IL COMICO – NEL REGNO DI PULCINELLA. Nel 1994, morta anzitempo Concetta, Peppe e Lamberto chiudono la Compagnia. Dopo venticinque anni, ci riprovano.

Questo spettacolo nacque nel 1991, e fu il primo, dopo dieci anni di creazioni, senza Concetta Barra, sofferente del “Fuoco di Sant’Antonio”. Unici interpreti Peppe Barra e Patrizio Trampetti. L’intento era quello di presentare al Festival di Benevento un buffo duello teatrale, raffinato e popolare, tra due attori molto amici, che avevano anni di consuetudine a tenere insieme la scena.

La decisione di riproporre questo spettacolo nasce dal desiderio di Peppe Barra e Lamberto Lambertini, dopo troppi anni di separazione, di lavorare nuovamente insieme. La scelta cade sul “Monsignore!”, perché questo giocoso atto unico è ancora una intatta materia prima, per una rinnovata messa in scena. Uno scherzo in musica, in due tempi, nello stile comico ed elegante della commedia all’antica italiana.

Una prova d’amore verso l’arte del teatro, luogo rituale, dove l’Attore, immerso nel suo mondo, come un pesce nel suo acquario, possa trasformare, complice il pubblico, il suo talento e i suoi incubi in un sogno condiviso. L’epoca è quella di Ferdinando IV di Borbone. Monsignor Perrelli, qui interpretato da Patrizio Trampetti, è un uomo di chiesa, ma anche un eccentrico uomo di scienza, che spiattellava invenzioni stupefacenti, al limite della cretineria, che sono diventate il corpo leggendario della vita di quell’involontario portatore sano di pura, infantile follia, che racchiudeva, nel bene e nel male, le caratteristiche dell’aristocratico campagnolo al tempo del Borbone.

In questo spettacolo viene messo in contrasto, con Meneca, la sua fedele perpetua, vittima rassegnata delle sue stramberie, interpretata da Peppe Barra, travestito da donna per la prima volta dopo i tempi della Gatta Cenerentola, la quale, stremata dalle continue imbecillità del suo padrone, si sfoga a tu per tu con il pubblico in sala, con irresistibili monologhi.

Ma, come accade in ogni coppia che si rispetti, continuerà ad accudirlo con le sue amorose attenzioni, tenendolo al laccio con la sua arte culinaria di schietta tradizione campana. Monsignore ha la testa tra le nuvole, Meneca ha i piedi per terra, due esseri distanti e vicinissimi.

Oltre ai due protagonisti, Peppe e Patrizio, complici fin dagli anni settanta di spettacoli colti e popolari, vi saranno altri due attori/cantanti, Luigi Bignone e Enrico Vicinanza, che dopo essere apparsi, nella prima scena, come incubo del Monsignore, nei panni del Padre e della Madre, nell’antico giorno della sua nascita, interpreteranno, coppia fantasmatica, godibili intermezzi canori, con arie famose o dimenticate che affondano nel labirinto della nostra memoria.

Le scene di Carlo Demarino, con il Vesuvio che incombe, fumante ed eruttante, dal balcone della villa, i costumi, ricchi e giocosi di Annalisa Giacci, e le musiche originali di Giorgio Mellone, rimandano scherzosamente a quell’ottocento, quando la vita, come molti amano credere, scorreva leggiadra e serena, nel profumo appagante del mare, degli agrumi, del cibo e nella dolce melodia delle canzoni.

Uno spettacolo per grandi e per piccini, con una sottile vena di malinconia, ma senza rimpianti del passato, semmai del futuro.


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