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17:00:53 CAPUA . “Maria non deve essere rappresentata come espressione o simbolo del grande inganno, nel contempo bisogna considerarla, a fronte di un cristianesimo maturo, una mamma che ha donato tutta se stessa per la salvezza dell’umanità”.

E’ questa la rilettura data  dal professore Gian Matteo Roggio, docente della Pontificia Facoltà “Marianum” al termine del convegno organizzato e promosso dall’Istituto Interdiocesano di Scienze Religiose Santi Apostoli Pietro e Paolo sulla Perpetua Verginità di Maria a 30 anni dal discorso di papa Giovanni Paolo II tenutosi proprio a Capua, sul come presentare la suddetta proposta della dottrina della Chiesa ai giovani e agli studenti delle scuole italiane.

L’evento in questione iniziato intorno alle 10.30 presso la Chiesa Cattedrale è stato contraddistinto dalla partecipazione e dall’intervento dei professori Stefano Cecchin, frate minore della Pontificia Accademia Mariana Internationalis e dal collega del “Marianum” Gian Matteo Roggio. Dopo i saluti di don Giovanni Branco, parroco della Cattedrale di Capua, ha aperto i lavori del convegno il direttore dell’Issr Area Casertana, don Guido Cumerlato.

Subito e’ stato attualizzato all’oggi, al contesto della società liquido-gassosa, alla realtà culturale della civiltà della comunicazione social il tema della Perpetua Verginità di Maria, toccando le corde delle nuove categorie culturali e linguistiche con cui leggere una questione dottrinale che risale  a tempi antichissimi, tanto che proprio a Capua si tenne il concilio che condannò l’eresia di Bonoso di Sardica. L’incontro culturale rivolto ai tanti docenti di religione cattolica e agli studenti di scienze religiose accorsi in loco, e’ stato moderato dal preside della Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale, don Emilio Salvatore e presieduto da mons. Salvatore Visco, vescovo di Capua.

I due docenti ospiti hanno conquistato l’interesse dei partecipanti ricostruendo passo dopo passo la storia, la riflessione  teologica mariana e quella cristologica legate  a  tale verità che il popolo credente accetta da sempre, sorta, come esigenza,  per rispondere agli attacchi e alle contestazioni denigratorie sulla maternità di Maria e sul concepimento di Gesù Cristo da parte degli ebrei.

Per circa un’ora e mezza sono stati esplicitati i principali capisaldi della rilettura teologica di questa verità mariana, offerta proprio a Capua da San Giovanni Paolo II, nel 1992, al termine del convegno internazionale per i XVI secoli dal concilio capuano, pertinenti il parallelo tra il concepimento di Cristo e la sua natività rispetto al mistero della risurrezione (se si accetta per  fede la risurrezione di Cristo, la perpetua verginità e’ un’esigenza di verità legata alla natura divina del Figlio di Dio), nonché l’intrinseco rapporto inscindibile tra il Fatto che emerge dalla Scrittura e il Significato derivante dall’interpretazione del fatto presente nella Scrittura, fonte della rivelazione.

La verginità di Maria, pertanto, emerge nella Scrittura proprio nella citazione di Luca in cui si ribadisce, nell’annunciazione dell’Angelo a Maria, che “Nulla e’ impossibile a Dio”, a seguito della domanda nata nell’intelletto della Madre di Dio rispetto alla possibilità di concepire un figlio senza “conoscere uomo”. La Perpetua Verginità di Maria si lega poi al dogma mariano dell’Immacolata Concezione e alla definizione del parto di Gesù raccontato sempre da Luca.

“Come puo’ una donna che ha appena partorito avere la forza di avvolgere da sola il figlio tra le fasce e deporlo nella mangiatoia…? Ciò ci suggerisce che il parto di Maria e’ avvenuto senza dolori (come invece e’ previsto per le donne per via del peccato originale) e va riletto, a fronte di un concepimento avvenuto nell’intelletto di Maria, per opera dello Spirito Santo e per Potenza di Cristo (secondo la tradizione orientale), come una NUOVA CREAZIONE” – ha sottolineato il professore Stefano Cecchin.

Sul problema come leggere oggi la proposta di verginità di Maria di fronte ad una generazione a bombardata dai media da modelli di vita legati alla corporeità e alla sessualità, entrambi i docenti hanno risposto: “La Verginità non va definita come castità, anche Gesù è vergine, così come anche San Giuseppe. Non dobbiamo pensare a Dio come colui che se non fai una determinata cosa  ti castiga. Dio ama Maria e l’angelo quando e’ apparso a Maria fa sì che la Madre di Dio  si scopra amata.

Quando si scopre amata - ha aggiunto il professore Cecchin – e che Dio e’ amore, che Dio si e’ donato a lei e quindi a noi, allora si comprende che Egli  stesso si rivela donando suo figlio. Pertanto la Verginità e’ il dono del Padre e del Figlio verso l’umanità. Non dobbiamo pensare più la Verginità con delle vecchie categorie legate alla rinuncia e alla sofferenza. Dio pertanto vuole che diventiamo dono per gli altri. Questa e’ la Verginità”!.

Invece il collega Gian Matteo Roggio ha dato due proposte di lettura per recuperare il simbolo della Verginità di Maria oggi, che deve essere tutelato e depurato da quelle espressioni del pensiero Caino e predatorio dell’uomo: “Maria non va compresa secondo una visione infantile. Bisogna essere adulti nella fede. La figura di Maria e’ stata collegata a una Chiesa non matura, dove la stessa era affidata alle cure di pochi: religiosi e religiose e tutto il resto dei fedeli dovevano essere curati.

Maria, invece, è una mamma che non e’ espressione di un cristianesimo bambino e non adulto, cio’ non e’ rispettoso per le Scritture. inoltre – ha aggiunto il docente - se vogliamo rispettare Maria dobbiamo smetterla di configurarla come l’espressione del simbolo del grande inganno cristiano al pari di cio’ che si dice su Gesù a cui viene attribuito la leggenda che si e’ rifatto una vita con la Maddalena o che non e’ stato lui a morire sulla croce. Maria non e’ il segno di un inganno, ma dobbiamo cogliere in Maria il segno che libera dall’inganno e che apre a delle prospettive di verità e di comunione”. Alla fine degli interventi mons. Salvatore Visco ha recitato la preghiera dell’Angelus concedendo i suoi saluti finali.  


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