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20:45:03 CASERTA. Presidente Schiavone, prima i due anni terribili del Covid ora la guerra. Qual è lo stato di salute delle nostre imprese e quali problemi hanno portato questi due anni terribili?

«Quanto accaduto in questi due anni, certamente ci deve far riflettere molto, soprattutto su quella che è la  capacità di programmazione e di pianificazione di scelte strategiche da parte dell’Italia. Dico questo perché gli eventi che si sono abbattuti sul mondo intero e, quindi, anche su quello produttivo, hanno rivelato delle falle. L’aver rinunciato, di fatto, ad alcuni mercati in questi due anni ha avuto un peso non indifferente.

Penso al discorso dei semiconduttori che, con lo scoppio della pandemia hanno cominciato a scarseggiare e a quello dell’energia in generale. Con una scelta popolare, attraverso il referendum, abbiamo legittimamente rinunciato al nucleare, ma non abbiamo nel frattempo avviato una pianificazione rispetto ad altre forme di energie. L’adozione del solare è ancora ostaggio di una cavillosità troppo grande. L’impiego delle miniere di carbone costituisce un paliativa al momento utile, ma che, certamente, non rappresenta la soluzione del problema. Vanno fatte scelte strategiche chiare».

L’aumento dei carburanti non aiuta...

«Certamente no. E’ un discorso se vogliamo legato all’aver delegato alcune funzione solo a determinati mercati. L’aumento dei costi di produzione ci danneggia anche in considerazione del fatto che i nostri prodotti più ricercati sul mercato estero sono il food e l’abbigliamento. Prendiamo ad esempio la pasta: l’aumento del costo del grano e quello del carburante corre il rischio di far diventare eccessivamente costoso il prodotto finito con la conseguente difficoltà di collocarlo sui mercati esteri».

Dalle sue parole, ipotizzare una stagione di ripresa economica per il nostro territorio è impossibile...

«Al contrario. Nelle prossime settimane terremo l’assemblea di Confindustria nel corso della quale parleremo proprio delle strategie di rilancio. Il nostro è un territorio che ha tutte le potenzialità per poter diventare centrale in un processo di reindustrializzazione. Abbiamo il 54% dell’area industriale della Regione e, quindi, necessariamente, è da qui che si deve ripartire».

Una bella iniezione di ottimismo, ma perché un imprenditore dovrebbe investire qui e non fuori Caserta o, per quale ragione, qualcuno dovrebbe scegliere la nostra provincia dall’Italia o dall’estero?

«La nostra manodopera ha un know-how che difficilmente è possibile trovare altrove. Inoltre geograficamente siamo centrali in tutti gli assi di collegamento. Basta pensare all’alta velocità o ai collegamenti sia con l’A1 che con la A30. Lo scalo dell’interporto di Marcianise consente alle merci di raggiungere Bologna in tre ore e mezza. A questo dobbiamo aggiungere che siamo vicinissimi all’aeroporto di Napoli e al suo porto che ci mette nelle condizioni di guardare con competitività ai nuovi mercati che, gioco forza, si andranno ad aprire dopo la crisi internazionale che si sta vivendo con il conflitto tra Russia ed Ucraina».

Confindustria Caserta è spesso sinonimo di edilizia: la sua presidenza rappresenta, da questo punto di vista una novità. Crede che la nostra industria possa essere anche altro rispetto al mattone?

«L’edilizia è un settore trainante anche sul piano nazionale. Se si guarda Confindustria nazionale anche in quel caso l’edilizia è ampiamente rappresentata. Abbiamo un’industria forte in tutti i settori, non solo in quello edile. Ricordo che siamo i secondi in Europa per industria manifatturiera. A tal proposito abbiamo due scuole di peniero: c’è chi ha un’idea conservativa, cioé mantenere tale posizionamento e chi come me, ha una visione ‘espansiva’ che punta al primato. Per ottenere tale risultato, come per aprire una vera stagione di rilancio, è necessario che venga messa in campo una stagione di programmazione da parte delle istituzioni».

Il Pnrr?

«Il Pnrr è un’occasionissima per tutti, ma, così come stanno le cose rischiamo di perderla. C’è bisogno di attuare politiche di sburocratizzazione che velocizzano i tempi di azione altrimenti non saremo capaci di rispondere ad alcun bando. E’ già successo il meso scorso ed è capitato con il bando per gli asili. Non è stata colpa delle amministrazioni se non sono stati finanziati i progetti, ma di un sistema burocratico che non ci consente di poter stare nei tempi così come vuole l’Europa. Il tema della sburocratizzazione è centrale se davvero vogliamo che si facciano degli investimenti. Non possono essere necessari cinque sei anni per poter avere delle autorizzazioni e far partire delle attività d’impresa... ».

Per poter accompagnare una stagione di ripresa industriale è necessario che Confindustria abbia un dialogo e un buon rapporto con la governance dell’Asi.

«Le aree Asi sono fondamentali perché sono quelle sulle quali nascono le imprese. Detto questo è necessario ripensare il modello di gestione delle Asi a prescindere da quale sia la governance se si vogliono realmente ottenere dei risultati».


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