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09:19:01 CASERTA. Nonostante questo sia un settore, dove spesso ci si improvvisa a fare tutto, la crescita che ha fatto registrare il Consorzio di tutela dà l’idea di un comparto mozzarella più maturo e che ha compreso la necessità di fare sistema. Presidente Raimondo lei cosa ne pensa?

«Non credo che ci sia improvvisazione nel nostro settore. Ci sono delle aziende più organizzate dove ci sono i responsabili degli stabilimenti e altre meno. Come presidente ho impostato l’attività del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana dop pensando a chi lavoro. Ogni azione che noi attuiamo nasce dalla consapevolezza del grande rispetto che dobbiamo avere nei confronti di chi lavora in questo settore, che fa sacrifici enormi e che spesso si alza alle due e mezza del mattino per poter realizzare un prodotto di eccellenza. Il compito del Consorzio è quello di tutelare il prodotto e di valorizzarlo. Noi puntiamo a fare sempre meglio con lo spirito che le dicevo prima di rispettare tutti i protagonisti della filiera produttiva».

Le frodi, un tema scottante: i problemi maggiori si hanno più in Italia o all’estero?

«In Italia possiamo dire che il prodotto mozzarella è abbastanza sicuro e che, ormai, non si registrano quasi più casi di frode. Più complicata la situazione all’estero, soprattutto nei paesi extra-europei. C’è un sistema di cooperazione internazionale che ci permette di intervenire laddove si verificano i problemi in maniera immediata come dimostrato dalle recenti operazioni in Spagna. Grazie ad accordi bilaterali stiamo facendo, comunque, passi in avanti anche in paesi come la Cina e il Giappone “più refrattari” alle nostre regole di produzione».

Non crede che il discorso delle frodi sia estremamente connesso con quello del nome che, così com’è, non tutela certamente un’eccellenza come la mozzarella di bufala campana dop...

«Il discorso, in questo caso, si fa estremamente più complesso, in quanto, entra in gioco anche la politica. E’ evidente che si può chiamare mozzarella sia quella prodotta con il latte vaccino, sia quella di bufala che però non rientra nell’area dop, sia ovviamente la mozzarella di bufala campana dop... Entra in gioco la politica sul discorso del nome perché la politica dovrebbe farsi carico di queste battaglie, ma, troppo spesso abbiamo gli uomini sbagliati al posto giusto...

A capo della commissione agricoltura alla Camera sarebbe giusto indicare un veterinario, un agronomo, una persona che conosce le problematiche del settore. Purtroppo ciò non accade. A questo aggiungiamo la burocrazia che è l’altro grande nemico della mozzarella assieme all’incapacità spesso delle organizzazioni di categoria di condurre battaglie sinergiche. Troppo spesso assistiamo che si contrastano proposte solo perché l’hanno fatte altri... ».

E il Consorzio cosa fa? Come vi muovete per cercare di invertire la rotta?

«Politica e burocrazia sono i nostri grandi nemici. Sono stato eletto presidente del Consorzio per la quarta volta. Ogni mandato dura tre anni. Sono, quindi da dieci anni alla guida del consorzio. In dieci anni, quindi, avremmo dovuto avere a che fare con due ministri per l’agricoltura, tre, massimo quattro... Sono undici quelli che si sono alternati alla guida del ministero. Non abbiamo fatto in tempo ad avviare l’interlocuzione con un ministro che subentra quello successivo... Ai limiti di una situazione politica paradossale, si aggiungono quelli della burocrazia. Ogni qual volta cambia ministro, noi siamo costretti a ricominciare con tutti gli incartamenti da capo per affrontare qualsiasi cosa... A questi problemi si aggiungono quelli legati alla nostra capacità di esportazione che, contrariamente a quello che si può pensare è molto limitata».

Ci faccia capire meglio, in che senso è limitata?

«Per accontentare il mercato americano, dovremmo essere in grado di produrre trilioni di prodotti da esportare. Sono queste le cifre che legate alle produzione dei formaggi in America ed è chiaro che non siamo in grado di soddisfare questa domanda».

Resta il tema della produzione di qualità e della sua collocazione sul mercato. L’utente finale come può difendersi?

«Nelle piccole gastronomie, diciamo che è abbastanza semplice... Il tema vero è rappresentato dalla grande distribuzione che immette sul mercato prodotti qualitativamente inferiori a costi commisurati al prodotto che ingenerano confusione. A modi esempio dico che in Italia non è possibile produrre mozzarella con latte in polvere, mentre in Francia e in Germania sì. Sugli scaffali della grande distribuzione troviamo mozzarelle prodotte in questa maniera ad un costo sicuramente inferiore. Ora è necessario, e su questo stiamo conducendo una battaglia, che venga specificato nell’etichetta che, ad esempio tale prodotto è stato realizzato con latte in polvere.

Altro aspetto per il quale siamo impegnati in una battaglia è quello legato alla separazione dei prodotti di alta qualità dagli altri. Nella grande distribuzione devono essere separati in maniera chiara in modo che l’utente finale possa scegliere senza possibilità di equivoci quale acquistare in base alle proprie possibilità. Quando acquistiamo una borsa, delle scarpe o degli abiti contraffatti lo facciamo perché vogliamo avere l’idea della griffe a pochi soldi perché siamo consapevoli di non avere la possibilità di acquistare quella originale... Con la mozzarella, ma più in generale, con tutti i prodotti di qualità deve succedere la stessa cosa. I prodotti devono essere presentati con chiarezza, lasciando alla possibilità economica di chi acquista quale comprare».

Come sono cambiate le cose con il Covid?

«Tantissimo il Covid ha portato una flessione enorme del mercato. Nella fase del lockdown, con i ristoranti chiusi e il delivery e l’asporto bloccato a causa delle decisioni del presidente De Luca c’è stato un crollo del mercato. Le cerimonie si sono fermate, non ci sono stati banchetti e questo ha significato un blocco della produzione della mozzarella che, in una maniera o nell’altra è sempre presente... Una timida ripresa c’è stata nella stagione estiva, dove, comunque, non c’è stato l’effetto turismo.

Da settembre, poi, con la ripresa del contagio e la decisione di chiudere le attività di ristorazione alle 18 la situazione è precipitata di nuovo. Non si capisce perché si devono chiudere queste attività alle 18, come se il contagio si muovesse ad orario... Se è pericoloso si abbia il coraggio di chiudere tutto e di dare i ristori, altrimenti si faccia lavorare tutti... Abbiamo cercato di aiutare il comparto attraverso la realizzazione di una mozzarella adatta alle pizze a casa vista la moda che è partita durante il lockdown e i “problemi” che i neo pizzaioli hanno riscontrato nelle loro abitazioni...

La mozzarella per essere usata per la pizza, ha bisogno di trattamenti speciali che, non tutti a casa sanno fare. Abbiamo realizzato un prodotto già pronto per l’uso, ma, ancora una volta, la burocrazia ci ha danneggiato con le modifiche al disciplinare che non sono ancora state analizzate dal ministero».


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