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MADDALONI. Dai collettivi studenteschi al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Trentasette anni vissuti da «osservatore, narratore e attivista della politica locale». Riccardo Stravino ha declinato il suo impegno nei centri sociali, nel mondo dell’associazionismo, come segretario di Rifondazione Comunista, nei comitati e soprattutto nelle piazze calde delle sfide sociali.

Il terremoto giudiziario segna il punto più basso della politica locale?

«Prima di tutto si deve dire che l’amministrazione di Rosa De Lucia non ha raggiunto nemmeno la sufficienza. E’ stata una gestione tutta improntata sull’apparire: solo facebook e distintivo. Non c’è un solo problema reale, dico uno, di questa città che sia stato affrontato e tantomeno risolto».

Ma ci sono stati degli arresti che non possono essere ignorati…

«Alla luce delle ultime evoluzioni, credo che si vada verso un processo. Ci sarà un’accusa e una difesa. Sono fiducioso nel lavoro della magistratura e mi auguro che gli inquisiti possano dimostrare la loro innocenza ognuno secondo le proprie posizioni. Ma ci sono aspetti che sono emersi in maniera lampante».

Quali?

«Su tutti, l’inadeguatezza nel concepire le Istituzioni e nel ricoprire il ruolo. Non è ammissibile che un sindaco possa scambiare “400 telefonate, 400 sms e un numero non quantificabile di messaggi su Whatsapp” con un imprenditore gestore di un servizio milionario. E’ venuta a mancare la “distanza di sicurezza”».

Sicurezza in che senso?

«Bisogna correggere il rapporto tra la politica e il mondo dell’imprenditoria, risorsa irrinunciabile per la rinascita di un territorio. Ma questo impone trasparenza e la difesa del primato del bene comune. La politica deve confrontarsi con questo mondo quotidianamente per creare lavoro e sviluppo. E non utilizzarlo per finanziare le campagne elettorali o peggio arricchirsi con le mazzette e poi comprare i voti».

Succede anche a Maddaloni?

«Certo. Dico di più: questo è il peccato originale. Ormai è diventato incontrollabile l’accesso alle istituzioni. La selezione che un tempo era fatta dai partiti è venuta meno. Chiunque abbia grosse disponibilità economiche può candidarsi all’investitura di leader. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Oggi, siamo al paradosso: si possono comprare anche i partiti oltre alle candidature. C’è bisogno di un’alleanza per debellare questo fenomeno e restaurare la normalità, ben prima di qualsiasi altro scontro politico. Bisogna recuperare l’agibilità democratica perduta».

Ma quindi Maddaloni si divide in corrotti e corruttori?

«Assolutamente no. Il territorio ha una storia e una tradizione da prima della classe. Il problema è che oggi le persone per bene, e anche i buoni amministratori, si sono rintanati nel privato. Così, come tanti giovani di talento sono emigrati per vivere o progettare il proprio futuro in una città normale. Se ieri, invitare alla partecipazione era difficile, oggi è oltremodo complicato con quello che è accaduto. Non solo la politica anche le istituzioni sono diventate impraticabili».

A dir poco una prospettiva più che desolante…

«Purtroppo è così. Immaginate domani cosa possa scattare nelle mente di chiunque, persona perbene, voglia candidarsi per la città. Con le accuse sollevate dalla magistratura, il terreno è chiaramente minato. Urge una bonifica: bisogna stabilire con certezza che non siano in piedi altre situazioni anomale. Il commissario prefettizio Samuele De Lucia proceda alla verifica di tutti gli appalti e degli atti amministrativi collegati, come è accaduto per il Comune di Roma con l’intervento del presidente dell’Anac Raffaele Cantone. Non è la grandezza di una città che determina la grandezza dei problemi. A tutti noi occorrono segnali certi di ripristino della normalità democratica. Da questo bisogna partire».

Ma quindi è solo un inizio?

«L’assenza di corpi intermedi veri, siano questi partiti, associazioni o altro, capaci di formare classe dirigente a pratiche di buona politica e corretta amministrazione impone, allo Stato, un impegno ancora maggiore. Andrebbe anche riscritto il diritto amministrativo in questo Paese. Sono troppe le scappatoie procedurali che possono indurre in tentazione: strumenti nati per una finalità ma utilizzati per fini diametralmente opposti. Basti pensare alle procedure del massimo ribasso, ai cottimi fiduciari, alle somme urgenze e così via. Non serve essere un tecnico, basta spulciare la cronaca giudiziaria quotidiana per capire dove bisogna affondare il bisturi».

Tracciato il quadro generale, quale è il compito che spetta ai maddalonesi?

«Una ricetta chiusa non esiste. Come non esistono salvatori della Patria. C’è bisogno di passione e coraggio per costruire la speranza necessaria per credere oggi in quello che può sembrare solo un sogno: una Maddaloni Democratica. E ciò può nascere soltanto sperimentando nuove forme di ascolto, partecipazione e condivisione. Non è un problema di partiti o liste civiche, ma di donne e uomini credibili. Bisogna ripartire dalle persone, dai luoghi un tempo affollati come piazza Ferraro, simbolo di una città viva, di valori condivisi che possono determinare quell’armonia necessaria per scongiurare la catastrofe».


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