15:31:03 MADDALONI. Le politiche sociali rappresentano da sempre una spina nel fianco per il Comune di Maddaloni, dal momento che, per questioni economiche, l’ente non riesce sempre a garantire sia i servizi che i lavoratori.
E, in questo caso, vogliamo accendere i riflettori proprio sugli operatori che, in alcuni casi, sono costretti ad attendere anni per vedersi riconoscere un diritto sacrosanto: il compenso.
La storia è quella di Maria Mastropietro, sociologa di Maddaloni, che nel 2011 vince una selezione con l’ambito C1 per un incarico a tempo determinato che ha svolto l’anno successivo senza intoppi e con successo tanto è vero che la struttura stessa coordinata da Vincenzo Mataluna decide di prorogare il progetto e, quindi, il lavoro per altri due mesi dall’11 marzo all’11 maggio 2013. La proroga viene stabilita con determina 102 del 28 febbraio 2013.
Completato il lavoro per gli operatori dell’ambito impegnati in quel progetto, il nulla assoluto.
Dopo quattro anni e mezzo quasi Mastropietro, così come le altre figure che hanno partecipato al progetto, nonostante i solleciti e le rassicurazioni bonarie, non hanno visto un quattrino. La sociologa, per far valere i propri diritti, si è anche rivolta ad un legale cercando di pignorare, senza successo, i conti del Comune. L’ufficio di piano gestito dalla funzionaria Varra non ha provveduto a pagare le somme dovute alla professionista.
C’è da dire che gli ambiti hanno un conto distinto da quello del Comune che, tra le altre cose, è impignorabile perché gestisce servizi che vengono ritenuti essenziali per la comunità. Oltre alle quote dei Comuni, l’ambito si alimenta con il contributo che versa Regione Campania per le politiche sociali con il piano di zona. L’altra curiosità è che, dopo questo bando ancora non pagato, l’ambito non ha più ricercato sociologhi per le sue attività.
«Io come le altre colleghe che hanno lavorato al progetto - ha sottolineato Maria Mastropietro - abbiamo diritto di essere pagate.
Mi sembra strano che in oltre quattro anni non si riescono a trovare i soldi per pagare un servizio che è stato erogato con successo.
Tra le altre cose, per chiudere la partita iva sono stata costretta ad emettere fattura per il lavoro che ho svolto e, ironia della sorta, a pagare delle tasse su un compenso che non ho mai percepito».
