NAPOLI. E’ di tempra combattiva Gennaro De Crescenzo, napoletano, storico, appassionato Presidente del Movimento Neoborbonico.

Padre di due splendide bambine, che ricordano più i nomi dei “BOBBONI” che quelli delle bambole, tifosissimo del Napoli, spopola in libreria in questi giorni con la sua ultima fatica: “Noi Neoborbonici, Storie ed Orgoglio Meridionali”. Un lavoro che racchiude 23 anni di amore e sacrificio per la causa dell’affermazione della verità storica. Lo abbiamo incontrato per rivolgergli qualche domanda.

Professore, Pino Aprile dice che il suo libro sono 300 pagine di serena confessione per farsi un’idea di come andarono le cose. Condivide?

«E’ esattamente cosi. Il giudizio di Pino Aprile fotografa perfettamente il contenuto e la finalità del mio libro. Ed è un giudizio che inorgoglisce perché lui è uno sempre aggiornato ed informato sulle tematiche e i dati che riguardano il Sud e che sono utilissimi per tendere alla verità storica. Oltretutto Pino non è un neoborbonico e dunque la sua valutazione non può essere classificata come di parte».

Da quel settembre del 1993, quando col compianto Riccardo Pazzaglia in un Ristorante del Borgo Marinaro di Napoli si tenne a battesimo il Movimento, ne è passata di acqua sotto i ponti. Ha ancora senso oggi dichiararsi neoborbonici ed alimentare il Movimento?

«Ce lo dicono i numeri che sono talmente lusinghieri da incoraggiarci ad andare avanti nella nostra missione. Abbiamo più di ventimila contatti facebook, oltre un milione e mezzo di visitatori del nostro sito e la nostra attività convegnistica registra dati da ”sould out” ogni volta che si tiene un evento. Questo significa che in 23 anni siamo stati capaci di passare dalla provocazione messa in atto da Pazzaglia alla ricerca e alla divulgazione. Ed è un fatto che il popolo del Sud ci percepisca come entità tutelante e ci azioni ogniqualvolta si sente ingiustamente colpito dalla imperante vulgata denigratoria o dalla scarsa attenzione. La nostra dunque è una mission più che mai valida».

A proposito di scarsa attenzione. Lei ha tuonato contro i TG nazionali che avrebbero a suo dire riservato poco spazio al recente evento cool di “Dolce e Gabbana” che ha rilanciato l’immagine di Napoli nel mondo mettendone in evidenza la sua straordinaria bellezza .

«Si. Proprio cosi. Ho anche allertato il napoletano Fico, Presidente della Commissione di Vigilanza della Rai, che tuttavia ancora non ha fatto sapere nulla. Abbiamo segnalato l’ ennesima disattenzione dei TG nazionali sulla kermesse. Gli stessi che però sono sempre desti nel focalizzare sugli eventi negativi e ad associare ad essi una immagine del Sud che non corrisponde a verità».

Lei è costretto ancora a lottare come un leone contro una sorta di pregiudizio accademico che, pur ammettendo l’ormai radicamento di una cultura non allineata alla ortodossia accademica, sembra quasi volerla irridere. Da Galasso a Barbero, sono ancora in molti i cattedratici aderenti a questa linea di pensiero. In particolare Galasso ha stigmatizzato quello che chiama “antitalianismo borbonizzante”.

«Le dirò che tra i due che ha citato mi fa più male leggere le cose che scrive Galasso. Barbero lo conosciamo bene. E’ un piemontese, garibaldino, espressione di parte che addirittura si spinge nella negazione di “Fenestrelle”, pensi un po’. Galasso invece è un napoletano, una colonna della nostra Università e da lui non ti aspetti certe ricostruzioni. Lo confutiamo spesso e con tesi che acclarano la giustezza della nostra posizione, che è tale per l’inesauribile opera di ricerca e accertamento dei fatti che da più di ventirè anni stiamo conducendo. Tuttavia, se mi consente, la nostra vittoria più bella risiede nel riconoscimento, anche da parte di Galasso, dell’esistenza di una sorta di controcultura accademica. E’ lui che ammette che al Sud non si trova più un solo giovane che non sappia dei fasti e dei primati del Regno delle due Sicilie».

Recentemente il Principe Carlo di Borbone, in una nuova visita alla città, ha detto di confidare in una Napoli e in Sud migliori per i quali i Borbone possono ancora essere un faro illuminante per il futuro. Secondo lei è cosi?

«Noi non siamo monarchici, ma abbiamo bisogno di simboli e il Principe Carlo e la sua famiglia indubbiamente lo sono. Sempre più spesso a Napoli e nei territori dell’ex Regno, tra la gente, hanno anche messo a disposizione una borsa di studio per i giovani del Sud per attività di studio e ricerca sulla Real casa e su loro Regno. Il Principe ha ragione: possono ancora farci luce nel non sempre facile percorso della ricostruzione obiettiva della storia per la quale passa anche il nostro futuro. Restano dunque un riferimento e un esempio».

Lei è tifosissimo del Napoli. E’ di pochi mesi fa la polemica sul divieto di esposizione delle bandiere recanti lo stemma duosiciliano alla stadio. Com’ è andata a finire la faccenda?

«Dopo le nostre vibrate proteste la morsa del controllo degli operatori della forze dell’ ordine di vigilanza allo stadio si è allentata e abbiamo così continuato ad esporre i nostri vessilli tranquillamente. Tuttavia da un punto di vista tecnico non abbiamo ancora l’ autorizzazione più ampia ed aspettiamo risposte formali da parte del Governo. Proprio oggi ho saputo che dopo l’ interrogazione del parlamentare Taglialatela ve n’è un’ altra del “penta stellato” Pepe in attesa di risposta per il prossimo 21 luglio da parte del Governo: staremo a vedere».

Lei segue le partite dalla mitica Curva B. Lo farà anche se Higuain andrà via da Napoli per approdare in casa Juve?

«Fin quando potrò andare allo stadio, troverò posto felicemente in curva B. Dopodichè la prioritaria del momento è che Higuain non vada alla Juve, assolutamente. Potremmo farcene una ragione se proprio dovesse essere ceduto, ma non se passasse alla Juve».

Mattia Di Lorenzo