CASAL DI PRINCIPE. Nicola Di Caterino, un ingegnere di Casal di Principe di 56 anni, per oltre 10 anni, dal 1987 al 1998, è stato elemento di punta della società Mirabella della famiglia Coppola ed ha contribuito alla realizzazione di svariate operazioni immobiliari tra le quali spiccano l’albergo Holiday Inn di Marina di Castel Volturno e il centro direzionale di Caserta. Dal 1999 al 2003 è stato segretario cittadino di Forza Italia di Casal di Principe, assessore alle finanze nella prima amministrazione Martinelli e dirigente dei lavori pubblici durante l’amministrazione Goglia.

Da sempre impegnato nel sociale, ha fatto parte del consiglio pastorale della sua parrocchia per oltre quindici anni, è stato uno dei fondatori della compagnia teatrale “ La Canonica” nella quale ha anche recitato, canta nella corale della parrocchia, scrive poesie dall’età di 13 anni ma ha partecipato ad un solo concorso nazionale, risultandone vincitore.

 

È stato il promotore del centro commerciale “Il Principe”, mai realizzato, che ha rappresentato la rovina per sé e parte della sua famiglia. Infatti, il 6 dicembre 2011, ore 4:30 Nicola e la moglie, Caterina Corvino, una commercialista di Casal di Principe, vengono arrestati con l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica. È l’inizio di un incubo per l’ingegnere, che decide di intraprendere un viaggio nella memoria alla ricerca del perché.

Un’indagine, quella raccontata nel libro, che ripercorre i momenti salienti della vita dell’autore e offre uno spaccato della società casalese e italiana in circa quaranta anni, raccontando la genesi, l’operato e la fine del Clan dei Casalesi, soffermandosi sugli episodi e sui motivi che ne hanno fatta una organizzazione di altissimo spessore criminale. Vengono, inoltre, analizzate le cause che hanno trasformato, nell’immaginario collettivo, un popolo intero in camorristi, tra le quali non mancano l’uccisione di don Peppe Diana e la pubblicazione del libro Gomorra.

Una lettura semplice e lineare ma molto efficace, si presenta al lettore come un insieme di sentimenti raccontati in varie storie. Una cronistoria di fatti veri e inconfutabili, del passato ma anche attuali, per raccontare quella che è una sensazione comune tra i casalesi per bene: sentire il peso addosso di un marchio, di un peccato originale.

Cosa le ha fatto pensare che la sua storia fosse da raccontare, che avesse del potenziale per diventare quello che è oggi, una lettura leggera ma emozionante? Non ho mai pensato che la mia storia fosse interessante, l’ho usata come filo conduttore per raccontare cinquanta anni della storia di Casal di Principe. L’esigenza che mi spingeva a scrivere il libro era la volontà di trovare un modo per abbattere il marchio che colpisce i casalesi, poi con la vicenda giudiziaria che mi ha colpito, è diventata anche una questione personale. Ho utilizzato la tecnica del flashback rifacendomi ai film di Tornatore e così sono riuscito a ricostruire questo filo inserendo delle storie personali, dei ricordi. E’ stato un percorso nella memoria molto piacevole e a volte anche doloroso.

Tra i temi di cui tratta il libro, c’è quello della Terra dei fuochi, mi riferisco in particolare al capitolo “Dove è andato a finire il fiume Clanio?”, quanto è cambiata questa terra da quando i suoi genitori erano giovani a oggi? È cambiata moltissimo, se consideriamo che i regi lagni erano un fiume pescoso, un posto adatto alle scampagnate dove i ragazzi, quelli un po’ più grandi di me, facevano anche il bagno. Era il succedaneo del mare che non avevamo e invece negli anni 90 i regi lagni erano una cloaca a cielo aperto. Questo mi ha spinto a fare una ricerca che mi ha portato alla scoperta del fiume Clanio che ha lasciato il posto ai regi lagni. Inoltre, sono sorte le colline della monnezza, è scomparsa l’agricoltura.

Nel libro sono stati affrontati temi leggeri di vita quotidiana ma anche argomenti attuali e di grande spessore fra cui il terremoto del 1980. Questo è il momento che per lei segna l’inizio della collaborazione tra la politica e la criminalità organizzata e soprattutto il momento in cui si afferma l’egemonia del clan dei casalesi. Perché? Il terremoto degli anni 80 in questo percorso nella memoria costituisce un momento doloroso ma è anche l’inizio dell’affermazione del clan dei casalesi perché, dopo la catastrofe, arrivarono i fondi della legge 219/81 che furono elargiti con scarsa parsimonia. Miliardi di lire a iosa nel nostro territorio suscitarono l’appetito di tutti, dei politici soprattutto, perché i camorristi non avevano la capacità organizzativa e nemmeno la struttura mentale di poter capire come accedere a quei fondi. Ci arrivarono però, perché i politici cominciarono a utilizzarli. La camorra diventò il paravento delle malefatte e dell’inefficienza dello stato. I camorristi si resero conto della situazione e chiesero dazio.

Sono stati inseriti dei personaggi chiave che fungono da esempio per avere una visione completa della società in quel periodo: Mario e Salvatore. È un capitolo a cui sono particolarmente legato perché racconta dell’uccisione di due ragazzi, uno lo conoscevo molto bene e l’altro non lo conoscevo. Mario Schiavone detto Merelik, soprannome di famiglia, che poi la stampa ha fatto diventare Menelik come il famoso Negus etiopico, l’ho conosciuto da ragazzino ed era una persona bisognosa d’affetto. Aveva perso la mamma da bambino e il padre aveva sposato un’altra donna con la quale lui non legava. La sua scelta di entrare nell’organizzazione di Mario Iovine fu dettata anche dalla sua situazione familiare. Fu ammazzato al ritorno da una rapina nei pressi di Villa Literno. Dopo alcuni giorni, fu ucciso dalla camorra anche un giovane carabiniere, Salvatore Nuvoletta. La considerazione che faccio nel libro è che entrambi i ragazzi sono vittime della camorra, uno ne era stato inghiottito e un altro voleva combatterla, accomunati dallo stesso destino con la differenza che Mario resterà nell’immaginario camorrista per sempre e Salvatore sarà eroe per sempre.

Lei parla di Jerry e Peppe, Jerry Maslo e gli esecutori del suo omicidio e scrive: “Di loro nessuno si ricorda più” definendoli degli emarginati dalla società. Quando hanno assassinato Jerry Maslo avevo capito subito che fosse una morte scaturita da una guerra tra poveri. Gli esecutori dell’omicidio, infatti, erano dei poveracci, andarono lì per fare una rapina e finirono con l’andare oltre le loro intenzioni ma Jerry Maslo diventò immediatamente il simbolo del razzismo. La politica scese in campo, fece delle manifestazioni grandiose ed io ho voluto mettere in risalto questo comportamento dei politici opportunisti, che hanno marciato su queste vicende. Ho voluto raccontare la storia perché tutti ne parlano, ma nessuno si ricorda davvero com’è andata. Noi del sud in generale siamo un popolo che non conosce razzismo, abbiamo una cultura interraziale da sempre, siamo abituati a convivere con gli stranieri e non possono farci passare per razzisti.

“Al tuo paese hanno ammazzato un prete” cosa vuole ricordare di questo capitolo del libro e della sua vita? Ero fuori a lavorare e mi dissero “ingegné al tuo paese hanno ammazzato un prete”, chiamai mia moglie ed ebbi la conferma, quindi tornai a casa. La morte di Don Peppe Diana ha rappresentato per noi casalesi un momento di grande sconforto. Nessuno immaginava che potesse morire così giovane e fu subito evidente che fosse stata la camorra. Questo spense tutte le nostre speranze di uscirne fuori, fu un momento di angoscia. Con il corso delle indagini si scoprì che la camorra non uccise perché Don Peppe Diana aveva pubblicato quel documento contro la stessa, quindi per un classico mandato di camorra. Il famoso documento “per amore del mio popolo non tacerò” viene fatto passare come il motivo della sua uccisione. C’erano stati degli omicidi di camorra e fu chiesto a Don Peppe di celebrare i funerali ma arrivò la circolare della diocesi di vietarne la celebrazione per i camorristi. La mancata celebrazione dei funerali costituisce il movente dell’omicidio. Si tratta di una verità incontrovertibile, giudiziaria, scritta nella sentenza di condanna dell’assassino. Don Peppe era una persona splendida, piena di vita, senza peli sulla lingua e combatteva quel sistema di malaffare dell’epoca e noi che l’abbiamo conosciuto davvero non possiamo accettare che la sua figura sia strumentalizzata ai fini di un teatrino autoreferenziale.

Le poesie, presenti anche nel libro, cosa rappresentano? La vera parte di me, sono poeta da sempre, scrivo poesie dall’età di tredici anni. Quando ero ragazzo, era la parte che nascondevo per evitare di essere preso in giro dai miei coetanei. Il modo migliore per esprimere i miei sentimenti e mi è rimasta appiccicata addosso negli anni.

Parlando di riscatto, lei pensa che sia possibile il riscatto di un popolo marchiato dal peccato originale? Penso che la strada sia ancora molto lunga, c’è ancora tanta gente che non ha volontà che questo avvenga. Il popolo casalese ha subito il peso della camorra in modo massiccio come ha subito allo stesso modo l’assenza dello stato. Quando la camorra è stata finalmente sconfitta, è entrata in campo l’anticamorra, i cui professionisti tengono ancora in vita il fenomeno dei casalesi perché tutti ci guadagnano, quindi da un problema è diventato un’opportunità. Non è un problema per noi il riscatto, siamo pronti a questo e lo siamo sempre stati. Il clan dei casalesi è diventato ancora più grande grazie a Roberto Saviano. Era un clan come gli altri, delinquenti dediti a una sola cosa: il guadagno. Oggi finalmente tutti si sono resi conto che Roberto Saviano non è un eroe. La critica americana l’ha stroncato, definendo il suo libro senza senso, un’accozzaglia di notizie messe insieme in cui metteva in luce episodi di scarso valore pompandoli in modo esasperato. Saviano è sicuramente servito alla magistratura per scardinare quel poco di camorra che era rimasta a Casale ma certamente anche lui si è crogiolato in questo.

La sua è una storia di riscatto o di una persona in attesa del riscatto? Non ho bisogno del riscatto. Noi siamo un popolo di persone splendide. Questi episodi raccontano chi è il casalese vero: amicizia, fratellanza, aiuto reciproco, accoglienza, rispetto. Quello che emerge all’esterno non è il casalese e vorrei che attraverso questo libro la gente lo capisse. Nessuno disconosce la camorra. Spietata, dedita al guadagno, è passata su tutto e su tutti, non aveva intenzione di essere antistato né di far politica, solo di fare soldi. Oggi grazie a Dio è stata completamente distrutta, non ci sono più veri camorristi, c’è ancora qualche piccolo delinquentuccio che si ammanta di essere camorrista. La camorra casalese spietata vive ancora nelle pagine dei giornali e nelle intenzioni dei magistrati che fanno passare tutto per camorra ma a casale oggi non c’è più, c’è stata ed è stata tremenda per trent'anni.

Tra le pagine del Peccato originale c’è la sua vita, un intreccio di vite fra loro, l’infanzia, la giovinezza, la spensieratezza, l’età dell’amore e poi la responsabilità, gli orrori che ha vissuto la società in quel periodo, il dolore, la malattia, la sconfitta. Dopo tutto questo, c’è forse anche la guarigione? E per guarigione non s'intende solo il trapianto dei reni ma una sorta di ritrovata serenità. Cosa rappresenta questa fase della sua vita più matura e consapevole? Il problema di salute fortunatamente è in parte risolto. Questa parte della mia vita non è un momento sereno. Sono consapevole che la vita può portare tanti problemi anche quelli completamente inaspettati come la vicenda giudiziaria che mi ha coinvolto, imprevedibile e inimmaginabile. Sono stato sempre una persona forte e so che non bisogna abbattersi mai. Ripongo molta speranza in questo libro per superare questo momento, perché fornisce tanti elementi che sarebbero capaci di eliminare il marchio sul mio paese. Se questo succederà, ne beneficeremo tutti, soprattutto i giovani che si affacciano al mondo del lavoro e trovano ancora le porte sbarrate quando dicono ”io sono di casal di principe”.

È cominciato il tour del libro, il 21 novembre ci sarà la presentazione nell'affascinante scenario di Palazzo Parente ad Aversa per poi proseguire con appuntamenti in date ancora da stabilire in varie città d’Italia.

Eliana Diana