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12:00:24 Ore decisive per il primario del Cardarelli ed ex sindaco di Capua Carmine Antropoli.

E’ stata, infatti, fissata per il prossimo 7 agosto la Camera di consiglio per discutere la richiesta di Riesame presentata dai legali del professionista nella giornata di ieri contro la misura cautelare legata all’ordinanza dello scorso 4 febbraio.

Attualmente, Antropoli è ristretto agli arresti domiciliari fuori regione.

La fissazione del Riesame rappresenta un appuntamento importante perché arriva dopo le motivazioni della sentenza della Cassazione che ridimensionano enormemente la posizione dell’ex sindaco all’interno dell’inchiesta.

I magistrati sottolineano come, in sostanza, non venga chiarita nell’ordinanza di arresto quale sia il nesso tra il medico e il clan e, in concreto in che cosa si sostanzierebbe il concorso esterno di cui è accusato l’ex primo cittadino.

Esplicativi, in tal senso, i passaggi delle motivazioni in cui emerge come parte delle accusa venga costruito su dichiarazioni di collaboratori di giustizia che non vengono suffragata da atti concreti. «La risalente "interazione" di Antropoli col clan dei casalesi è stata desunta, in larga misura, dalle dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia, per i quali Antropoli fu eletto sindaco di Capua, nel 2006, col sostegno dei casalesi (così il collaboratore Panaro) e costituì un referente del clan nel corso di due sindacature (così Bonito e Schiavone.

Barone parla genericamente dell'amministrazione comunale) – si legge nelle motivazioni – Ciò che non è chiarito nell'ordinanza impugnata è il contributo concreto dato da Antropoli alla vita del clan.

Infatti, a parte il generico riferimento, fatto dai collaboratori, alla "disponibilità" del prevenuto, l'indicazione più precisa è venuta da Panaro e Schiavone, secondo cui i soggetti vicini al clan, che avevano rapporti con Antropoli, erano gli imprenditori collusi Verrazzo Francesco e Giuseppe, ovvero gli affiliati Mezzero Martino e Antonio (entrambi i collaboratori non hanno parlato di loro rapporti diretti col sindaco); rapporti sviluppatisi sul terreno degli appalti e delle concessioni edilizie (i settori che interessavano al clan)».

Per i giudici del Palazzaccio, le dichiarazioni sarebbero dovute essere approfondite meglio.

«Non risulta che le dichiarazioni in questione siano state sottoposte al necessario vaglio critico – si legge ancora - tenendo conto del concreto dipanarsi dell'attività amministrativa nei settori indicati dai collaboratori.

Si tratta, invero, di settori caratterizzati da elevato formalismo, dove le tracce di condotte devianti sono facilmente rinvenibili, sicché non è dato prescindere - sia per valutare la fondatezza degli addebiti, sia per dare sostanza alla "disponibilità" imputata ad Antropoli - dalla verifica, in concreto, dei favori apprestati al clan, costituenti la contropartita dell'appoggio elettorale ricevuto o, stando al tipo di addebito mosso all'indagato, il contributo consapevole e volontario al rafforzamento dell'associazione. Senza la dissodazione di tale terreno le accuse di "disponibilità" formulate dai collaboratori di giustizia restano, sulla base di quanto è stato sopra detto, vaghe e indeterminate, e perciò indistinguibili dalla vox populi, sia pure di quel popolo specifico rappresentato dai membri di un consorzio delinquenziale, o dalla percezione soggettiva che i membri di quel consorzio possano aver avuto dei rapporti di Antropoli con altri loro sodali».

Nelle motivazioni si legge che «tale strada sembra, apparentemente, battuta dall'ordinanza impugnata, la quale si è soffermata nell'esame di alcune procedure amministrative svoltesi nel comune di Capua (appalti aggiudicati a Pagano Domenico - soggetto "vicino" al clan - o a Zagaria Francesco), per rilevare che sono risultate inficiate da irregolarità, per la presentazione di fideiussioni inesigibili o "per totale assenza di provviste"; inoltre, ha menzionato i lavori svolti presso la stazione ferroviaria di Capua da una società riconducibile a Francesco Zagaria (dichiarazioni di Barone) e l'interesse di Zagaria Alessandro per appalti di servizi mensa dell'Università e di un istituto scolastico (non precisato); inoltre, si è soffermata, ampiamente, sull'appalto aggiudicato, nel 2010, alla Effezeta, in relazione al quale la condotta di Antropoli è stata largamente censurata».

Nelle motivazione viene rimarcato come, anche in queste circostanze, il ruolo di Antropoli e il suo legame con la criminalità, non viene chiarito attraverso fatti concreti.

 «Anche in relazione a tali evenienze, riferibili alla vita amministrativa di Capua (e di altre località, per quanto riguarda i servizi mensa), manca, però (salvo quanto si dirà in ordine all'appalto di via Mariano), l'indicazione dell'attività fiancheggiatrice posta in essere dal prevenuto, essendosi fatto rimando alle generiche dichiarazioni dei collaboratori, e non si è tenuto conto del fatto che - per effetto delle leggi di riforma della pubblica amministrazione del 1997-1998  (cd. legge Bassanini) - le procedure d'appalto sono gestite dall'apparato amministrativo dell'ente pubblico (il Comune, nella specie), sicché, per muovere addebiti (tanto più di carattere penale) ai soggetti politici dell'ente è necessario individuare le condotte devianti da essi poste in essere. Pertanto, le carenze palesate dai consulenti del Pubblico Ministero in relazione ad "alcune" procedure d'appalto potranno essere addebitate ad Antropoli laddove si dimostri – anche per via indiziaria - un interessamento di quest'ultimo sulla procedura, finalizzato a distorcere il regolare dipanarsi della vicenda amministrativa; non può presumersi una responsabilità del sindaco sulla base della carica rivestita.

Né può essere addebitata, sic et simpliciter, al sindaco l'aggiudicazione (a soggetto in odore di mafia) di una gara d'appalto (aggiudicazione che è obbligatoria per legge, laddove risulti la vantaggiosità dell'offerta presentata da soggetto in possesso dei richiesti requisiti formali), laddove non venga dimostrato - anche

per via indiziaria - un intervento favoreggiatore del soggetto in questione».

La vaghezza delle accuse si sostanzierebbe anche nell’appalto assegnato alla Effezeta dove Antropoli avrebbe agito a tutela degli interessi del Comune di Capua.

«Tale argomento introduce l'esame dell'altro elemento, su cui ha insistito il Tribunale, rappresentato dall'intervento di Antropoli nella vicenda Effezeta e Prisma Costruzioni srl, appaltatrici di lavori in via Mariano di Capua. In questo caso va sottolineato che, in tanto un intervento obbiettivamente favorevole a soggetto rivelatosi (poi) compromesso con la mafia può essere addebitato all'agente in quanto si tratti di intervento discrezionale e volontario, non potendosi, per ovvie ragioni, muovere addebiti a chi è tenuto, per legge, ad attivarsi in una direzione determinata.

Nella specie, il Tribunale del Riesame non nega che Antropoli sollecitò il riaffidamento dei lavori alla Effezeta srl dopo l'annullamento dell'interdittiva antimafia da parte del TAR, e tuttavia ha omesso di confrontarsi con la specifica deduzione difensiva, secondo cui si trattò di intervento obbligato, mosso dalla necessità di evitare responsabilità personali o economiche per il Comune.

La valorizzazione di detto elemento contro il prevenuto esige, pertanto, l'evidenziazione di margini di scelta in capo a quest'ultimo, impiegati per favorire il soggetto economico coinvolto in questa vicenda e, per esso, il clan di cui faceva parte Zagaria.

Quanto alla fase che precedette l'annullamento dell'interdittiva, vale quanto rilevato in ordine alla titolarità della funzione amministrativa e, nella specie, del potere di sostituzione dell'impresa colpita dall'interdittiva antimafia, giacché l'appartenenza di detto potere al Responsabile del procedimento (l'organo tecnico del Comune) esige, anche in questo caso, per l'addebito dell'inerzia ad Antropoli, la dimostrazione dell'illecito interessamento di quest'ultimo, volto a distogliere il Responsabile del procedimento dall'adempimento dei suoi compiti.

Sul punto, troppa enfasi appare data alla conversazione - intercettata – tra  Carlino e Gravante, riportata nell'ordinanza, giacché essa conferma l'intervento di Zagaria Francesco sul sindaco per ottenere che i lavori venissero affidati nuovamente alla Effezeta srl, ma non elide il dato qui rilevante: il fatto, cioè, che Antropoli si attivò dopo la pronuncia del TAR, sicché permane la necessità di verificare quali margini di intervento erano riservati al sindaco, non senza considerare che l'addebito mosso ad Antropoli in questa vicenda esige la dimostrazione della conoscenza, da parte sua, già nell'anno 2012, della caratura criminale di Zagaria Francesco (salito all'onore delle cronache, come ricordato dalla stessa ordinanza, solo nel 2017) e del fatto che, operando nella maniera anzidetta, rendeva un servigio all'associazione mafiosa di cui quest'ultimo faceva parte».

Tutte queste valutazioni spingono i magistrati a dire in maniera netta che «In definitiva, non può dirsi, per le ragioni sopra esposte, che, per il periodo precedente al 2016, sia stata fornita adeguata motivazione in ordine al contributo di Antropoli al "rafforzamento e consolidamento del clan dei casalesi, assicurando plurimi affari imprenditoriali al medesimo sodalizio" (pag. 20 dell'ordinanza impugnata), sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo. "Gli

affari imprenditoriali" procacciati al clan non sono stati, infatti, specificati, se non attraverso il rimando ai lavori effettuati nel comune di Capua da imprese più o meno legate a Zagaria, ma senza evidenziare l'apporto di Antropoli alla nascita o

allo sviluppo dei rapporti contrattuali suddetti (o, comunque, all'affidamento dei lavori ad imprese colluse), mentre la coscienza e volontà del prevenuto di favorire un'associazione criminale è stata presunta, sul presupposto di un patto affaristico-politico di cui non sono stati precisati i contenuti e senza distinguere tra i vantaggi del singolo (Zagaria) e quelli del clan».

 

 


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