15:51:22 La Mozzarella di Bufala Campana Dop corre alla stessa velocità di un brand premium del settore automobilistico, generando un giro di affari di 1 miliardo e 218 milioni di euro. È quanto emerge dallo studio di Svimez sull’impatto socio-economico della filiera bufalina.

Si tratta della prima analisi nel Mezzogiorno sul valore di un prodotto a denominazione di origine, realizzata per il Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop e presentata oggi in conferenza stampa al Palazzo della Borsa di Milano, con la partecipazione del vicepremier e ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio.

In base ai dati Svimez, per ogni euro di prodotto fatturato dai soci del Consorzio di Tutela, se ne creano 2,1 nel sistema economico locale. Il fatturato delle imprese della filiera bufalina è stato pari, nel 2017, a 577 milioni di euro.

Complessivamente la filiera dà lavoro a 11.200 addetti, pari all’1,5% dell’occupazione totale delle province di Caserta e Salerno, le due aree storicamente vocate alla bufala in Campania. Notevole anche il peso economico del comparto, composto da “appena” 90 aziende, che però incidono per l’1,4% sul Pil totale delle due province. Inoltre il valore aggiunto della filiera, rapportata all’industria manifatturiera delle due province, è pari al 13,4% in termini di numero di imprese.

Redditività e propensione all’export completano la fotografia di un settore in controtendenza rispetto alle difficoltà del Sud Italia: quello della Mozzarella Dop si presenta come il primo distretto agroalimentare del Mezzogiorno.      

I bilanci delle aziende

Svimez ha analizzato i bilanci di un campione di imprese appartenenti al Consorzio, pari a circa il 90% del fatturato della mozzarella Dop.

Emergono una serie di dati significativi: innanzitutto, il livello medio del margine d’impresa, calcolato rapportando il risultato prima delle imposte al volume del fatturato, risulta pari al 6,3%, che sale al 6,8% al lordo della gestione finanziaria. Valori più che soddisfacenti se paragonati con quelli relativi al sistema produttivo meridionale.

Il paragone regge anche in confronto con le unità produttive che sono divenute il benchmark per definizione del sistema produttivo nazionale, le “Medie imprese industriali”, le quali, nel 2016, presentavano nel Sud un valore del margine d’impresa pari al 4,9%, che scende al 3,4% nel settore alimentare.

Complessivamente, nel 2017, il risultato prima delle imposte delle imprese prese in esame iscritte al Consorzio di tutela è stato pari a 36,6 milioni di euro, circa 590 mila euro per impresa. Inoltre, nel 2017, il fatturato complessivo delle stesse imprese considerate è stato pari a 577 milioni di euro, cui corrisponde una media di 9,3 milioni di euro per impresa: fatturato medio nettamente superiore a quello del sistema produttivo nazionale, pari a 654 mila euro, e ancor più rispetto al fatturato medio dell’apparato produttivo meridionale, che supera di poco i 390 mila euro. Per il totale delle imprese del Consorzio, il 93,2% del fatturato serve a coprire i costi di produzione.                    

L’export della filiera bufalina

Svimez ha rilevato una forte vocazione all’export dei produttori di mozzarella di bufala. In base ai dati del Consorzio, nel 2018, le vendite in Italia sono state pari al 67,29% e all’estero al 32,75%. In Italia la crescita dei consumi ha riguardato soprattutto il Nord Ovest, con un +3%.

All’estero, i mercati di sbocco principali sono: Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Spagna, Svizzera, con un recente forte incremento nei Paesi Bassi, ai quali si aggiunge un nuovo interesse da parte di mercati emergenti dell’Est, come Ungheria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ucraina, Romania e, soprattutto, Polonia.

Secondo l’ultima pubblicazione del “Monitor dei Distretti” elaborato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo di maggio 2018, il valore delle esportazioni di mozzarella di bufala campana nel 2017 è stato pari a 262 milioni di euro, con una crescita quasi del 9% rispetto ai 241 milioni dell’anno precedente.

Studio Svimez sulla Mozzarella di Bufala Campana DOP

Le dichiarazioni dei protagonisti

 

Domenico Raimondo, presidente del Consorzio di Tutela:

La Mozzarella di Bufala Campana Dop ha conosciuto negli ultimi anni una crescita significativa. Abbiamo chiuso il 2018 con quasi 50 milioni chili di prodotto certificato arrivato in tutto il mondo. Continuiamo a migliorare le nostre performance. Questo ci fa sentire orgogliosi e nello stesso tempo pronti alle nuove sfide. Per poterle affrontare al meglio abbiamo chiesto a Svimez uno studio ad hoc. Emerge con chiarezza che la Mozzarella di Bufala Campana Dop è un assett economico del Paese e non è delocalizzabile in nessun altro posto del mondo. Proprio la capacità di trattenere valore sul territorio è la garanzia che offre il marchio Dop. Siamo riusciti a trasformare una tradizione ormai millenaria in valore economico, lavorando su tre capisaldi: qualità, trasparenza e sostenibilità. Sono numeri in controtendenza rispetto a un Mezzogiorno che fa fatica a crescere, ma al cui sviluppo la nostra filiera contribuisce in maniera significativa. Gli scenari futuri ovviamente non dipendono solo da noi, ma anche, innanzitutto, da una interlocuzione ancora più efficace con le istituzioni e la politica”.

Pier Maria Saccani, direttore del Consorzio di Tutela:

“I numeri dello studio Svimez ci raccontano innanzitutto che la filiera della Mozzarella di Bufala Campana Dop è l’emblema del saper fare italiano e ha il suo valore aggiunto e inimitabile proprio in questo know how, apprezzato in tutto il mondo. Dalla tradizione all’innovazione: è racchiuso qui il segreto del successo ed è quello che gli italiani sanno fare meglio di tutti, ovvero prendere saperi antichi e portarli in una dimensione contemporanea, al passo con la modernità.
La Mozzarella di Bufala Campana Dop ha interpretato appieno tutto questo e lo confermano due elementi-chiave del report: la propensione all’export e gli investimenti continui da parte delle aziende, all’insegna dell’ammodernamento tecnologico. La dinamicità del tessuto imprenditoriale e il forte legame col territorio hanno fatto il resto, trascinando verso l’alto la domanda. Tutto però parte dal Sud, dove il “peso” sociale ed economico della bufala campana va ben oltre i numeri, investe l’identità stessa del Mezzogiorno e lo proietta nel futuro. Un futuro che ha però salde radici nel Sud, nel territorio di origine della Mozzarella Dop. E questo è un paradigma che non bisogna più sottovalutare”.

Luca Bianchi, direttore Svimez:

“La mozzarella di bufala campana è uno straordinario prodotto della tradizione agroalimentare italiana ma è al tempo stesso un importante driver economico dell’economia locale. Un esempio chiaro di come qualità e tradizione possano rappresentare non solo un elemento identitario ma soprattutto uno strumento per creare reddito e occupazione. Obiettivo della ricerca Svimez è proprio quello di quantificare il contributo della filiera della mozzarella di bufala certificata all’economia del territorio.

L’analisi dei bilanci delle imprese della filiera fa emergere un distretto produttivo in ampliamento, con caratteristiche di solidità e redditività paragonabili ad altri settori premium del made in Italy. Elevati standard di qualità insieme alla distintività di un prodotto che si identifica con il suo territorio di appartenenza attraverso la localizzazione in loco dell’intero ciclo di produzione, dalla materia prima al prodotto trasformato, sono alla base di indicatori di bilancio da settore premium dell’industria italiana. La solidità del sistema delle imprese permette un adeguato livello di investimenti per l’upgrading qualitativo del prodotto; investimenti che permettono di collocarsi sulla fascia alta di mercato e che sono alla base della crescita sui mercati nazionali e internazionali.


Il sistema delle imprese della filiera certificata genera un fatturato diretto di circa 600 milioni ma il dato più interessante è costituito dagli effetti indotti sull’economia territoriale da tale produzione. Infatti ogni euro di produzione diretta di mozzarella Dop genera un volume di affari (tra acquisto materia prima e beni strumentali a monte e servizi commerciali a valle) di 2,1 euro, a dimostrazione di una filiera di produzione profondamente integrata nel territorio. Ciò determina l’elevato impatto occupazionale complessivo che, considerando tutti gli occupati lungo la filiera, supera le 11 mila unità. Se consideriamo dunque l’intero sistema delle aziende aderenti al consorzio stiamo parlando di uno delle maggiori realtà industriali del Mezzogiorno e della principale agglomerazione produttiva del settore agro-alimentare meridionale”.