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PIETRAMELARA. In una normale domenica di luglio del 2011, due donne avevano pensato di fare una passeggiata partendo dal loro paese, per andare a porgere un saluto ad una parente.

Lungo la strada si fermano presso la vecchia struttura del mattatoio comunale, oramai abbandonato da anni, dove però prese da nostalgia di vecchi ricordi di infanzia si erano fermate qualche minuto per ricordare i bei tempi andati. I luoghi erano oramai irriconoscibili, in quanto divenuti una discarica a cielo aperto e così stavano per risalire in auto quando improvvisamente è sopraggiunta un’autovettura con un uomo a bordo, che con fare minaccioso prese a rimproverare le donne, sostenendo che quel luogo era oggetto di una importante indagine per vicende di matrice mafiosa. Lo stesso uomo, con fare perentorio ordinò alle donne di allontanarsi immediatamente, perché altrimenti ne sarebbero derivati guai seri. Le donne erano rimaste terrorizzate e pensarono di ritornare a casa, ma l’uomo, apparentemente un servitore dello Stato, dopo poco le raggiunse e le convinse a seguirle presso la Stazione dei Carabinieri di Pietramelara, luogo dove si sono svolti i fatti che stiamo narrando. Da lì, sempre secondo il racconto delle donne e dell’accusa, comincia il calvario di due famiglie. Le donne notarono una certa disinvoltura dell’uomo, a contatto con un appuntato dei Carabinieri e da ciò restarono impressionate. L’uomo che le aveva poco prima turbate e poi accompagnate presso i Carabinieri si chiama Quirino Napoletano. In separata sede, le indusse, secondo l’accusa, attraverso artifici e ingenerando timori, a dichiararsi responsabili di uno smaltimento di rifiuti, che poi è stato accertato non essere mai avvenuto. L’uomo stesso mosse questa addebito alle vittime, dinanzi ai Carabinieri. All’uscita della Caserma della Benemerita, secondo il racconto delle donne, l’uomo si fece per giunta avanti per “sistemare” l’intera faccenda e convincendo le donne che avevano fatto bene a seguire le sue strane esortazioni: se non si fossero autoaccusate di quello smaltimento, sarebbero incorse in un procedimento per associazione mafiosa, ben più grave. L’uomo promise, secondo l’accusa, di risolvere man mano i problemi che ne nascevano, tra cui la chiusura del procedimento penale, ciò anche grazie ad amicizie vantate da Quirino Napoletano (che era all’epoca dei fatti una guardia giurata in servizio presso la cooperativa di vigilanza “Lavoro e Giustizia”) con persone influenti presso il Tribunale di S. Maria C.V. e con un alto ufficiale dei Carabinieri, rivelatosi poi inesistente. L’uomo in realtà , ignare le donne, era un semplice vigilantes, che aveva una certa confidenza con gli altrettanto ignari Carabinieri di Pietramelara. In varie tranches Quirino Napoletano si fece consegnare dalle due donne nell’estate del 2011 la somma di 2600,00 Euro, ma come è emerso in seguito ha approfittato di un vero e proprio stato di soggezione in cui aveva posto le vittime per tentare approcci di tipo sessuale anche se di fronte a proposte e approcci vi era stata sempre strenua resistenza. Come è emerso nel corso del dibattimento l’imputato aveva in un’occasione mostrato la pistola alle vittime e aveva messo ai polsi di una di loro le manette, che erano in sua dotazione quale guardia giurata e aveva riferito a più riprese di essere un personaggio importante come “uomo di legge” e di avere amicizie influenti, con cui poteva risolvere la questione insorta con l’accusa di smaltimento illecito dei rifiuti. In seguito, secondo la deposizione di alcuni testi, l’uomo si era anche dichiarato appartenente alla Polizia Provinciale.

Nel settembre del 2011 dopo essersi fatto consegnare l’ultima tranches di 1800,00 euro Quirino Napoletano convinse le vittime che quella somma sarebbe stata destinata ad una sorta di oblazione per estinguere definitivamente il reato di smaltimento rifiuti e chiudere definitivamente la querelle. Tuttavia nell’inverno dell’anno successivo giungevano le comunicazioni giudiziarie che facevano sì che anche gli uomini delle famiglie venissero a conoscenza della disavventura in cui erano incappate le vittime. Veniva anche registrato un colloquio svoltosi tra varie persone e Quirino Napoletano.

Ad un certo punto Quirino Napoletano, sentendosi forse scoperto a seguito delle comunicazioni giudiziarie, che evidentemente smentivano le sue promesse di aver già chiuso la problematica giudiziaria e burocratica, nell’inverno 2012 restituiva alle donne una somma di 1500,00, chiedendo che il suo nome non trapelasse in modo alcuna, ma oramai le donne avevano già intrapreso la strada della tutela in sede penale, trovando il coraggio di riferire ogni cosa.

Così le donne decidevano di sporgere denuncia penale. A seguito di un intenso a dettagliato interrogatorio, il Magistrato inquirente per i fatti di smaltimento, Cristina Correale della Procura della Repubblica presso il Tribunale di S: Maria C: V. chiese già nel 2012 l’archiviazione del fascicolo a carico delle donne. Intanto il Pubblico Ministero Patrizia Dongiacomo, assegnataria del fascicolo a carico di Quirino Napoletano dopo la denuncia delle donne, delegava per le investigazioni l’Aliquota della Polizia di Stato della Procura della Repubblica di S. Maria C.V. , il cui personale, ascoltava diverse persone a conoscenza dei fatti, acquisiva tabulati telefonici, documenti presso il Tribunale di S. Maria C.V. e inoltre procedeva all’estrazione di un file da un telefonino di un parente delle vittime, che era riuscito a registrare una conversazione con l’imputato.

Nel corso del processo celebratosi dinanzi alla Prima Sezione Collegiale, presieduta dal Giudice Orazio Rossi con Giudici a latere Francesca Auriemma e Marinella Graziano, sono state escusse le vittime, costituitesi parte civile con l’Avvocato Fabio Candalino del Foro di S. Maria C.V., alcuni parenti di queste, l’appuntato di Carabinieri di Pietramelara Antonio Sannullo, che aveva inizialmente raccolto le dichiarazioni della guardia giurata e il Sovrintendente della Polizia di Stato Gerardo Zarone che unitamente alla Collega Carmela Iorio ha condotto gli accertamenti delegati dal Pubblico Ministero sul conto dell’imputato. Quest’ultimo, difeso dagli Avocati Emilio Russo e Erica Cantiello, aveva già reso interrogatorio nella fase di indagini, ha deciso poi di rendere una dichiarazione nel corso del processo. In seguito è stato sentito un teste, anche lui guardia giurata e collega dell’imputato.

All’esito della camera di Consiglio il Tribunale di S. Maria C.V. in composizione collegiale, composto come sopra, ha ritenuto Quirino Napoletano responsabile di tutti i reati a lui ascritti, infliggendogli una condanna complessiva a 7 anni di reclusione e condannandolo al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede.


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