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Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta dello scrittore Ciro Tammaro, autore del giallo “Lo scarabeo di onice blù” a Roberto Saviano sulla Terra dei fuochi:

Egregio dott. Roberto Saviano, Ho avuto modo di leggere, recentemente, il Suo libro “Gomorra”. Da tale opera, a mio avviso, emerge un pensiero molto pessimistico che mi riesce assai difficile comprendere e condividere. Mi riferisco, cioè, all’idea che i territori tra Napoli e Caserta – passati tristemente e folkloristicamente all’attenzione dei mass-media con la denominazione “Terra dei fuochi” – costituiscano una sorta di Inferno dal quale non è possibile riscattarsi se non con la fuga. Un luogo, cioè, di perdizione e di condanna a morte per tutti coloro che ci vivono, definitivo e senza possibilità di appello. Ritengo che questa angusta visione sia infondata e nemmeno eticamente accettabile. Lei ha denunciato un sistema di criminalità e di malaffare, commettendo a mio parere l’errore di “identificare” tale sistema con l’area territoriale in esame e con i cittadini che vi abitano, i quali, o per una scelta cosciente, o per paura di rappresaglie o, infine, per necessità di sopravvivere, parteciperebbero a questo sistema con una complicità attiva, o quantomeno omertosa e connivente, senza che vi sia modalità di emenda o di salvezza per nessuno. Non è qui in discussione l’autenticità o meno dello stato di degrado e di arretratezza presente in questi luoghi, ma il fatto che Lei sostiene, mi pare, che nella “Terra dei fuochi” non ci sia altro. Non è così: c’è tanta bellezza. Esistono, infatti, aspetti decisamente suggestivi, quali ad esempio il dialetto, le tradizioni, il cibo, la cultura, ma purtroppo essi non fanno scoop, al mercato mediatico e a quello editoriale non interessano e, di conseguenza, scrivere libri che mettano in risalto e valorizzino le qualità della nostra terra non farebbe vendere nemmeno una copia a chi scrive. Al mercato mediatico e a quello editoriale interessano invece le tragedie, gli scandali, le sciagure, anche se sono solo inventati, costruiti a tavolino. Ma, caro dott. Saviano, la conseguenza di volere a tutti i costi vedere sempre e solo il male nei luoghi in cui viviamo produce l’inevitabile conseguenza di distruggere (questa volta realmente) la loro immagine, provocando una spirale perversa di crisi economica, ulteriore abbandono da parte degli investitori e delle istituzioni, disoccupazione, povertà. In definitiva, dott. Saviano, credo che Lei abbia sulla coscienza un peccato grave, che difficilmente Dio, sebbene infinitamente misericordioso, Le perdonerà mai: quello di avere – mi auguro inconsapevolmente – ferito al cuore la nostra terra, gettata nel fango e calpestata, strappando ad essa ogni credibilità, a livello nazionale ed internazionale. Egregio dott. Saviano, c’è sempre una speranza di vittoria del bene nella lotta contro il male, e ciascuno di noi ha il dovere morale di crederci e di diffondere un messaggio positivo, che miri al riscatto dei luoghi in cui viviamo. La nostra terra è una terra devastata ma meravigliosa. E’ vero che l’indice dei tumori è cresciuto vertiginosamente nel nostro territorio, ma è anche vero che il nostro territorio esprime, oltre a bellezze naturali davvero suggestive, potenzialità e fermenti in campo sociale, artistico e culturale di notevole rilevanza, che meritano di ricevere il giusto spazio di espressione da parte dei mezzi d’informazione ed un’attenzione adeguata di fronte all’opinione pubblica. E’ giunto il momento di evidenziare le cose belle che la “Terra dei fuochi” possiede, non solo quelle brutte, su cui certi editori e certi mass-media hanno tanto speculato e continuano a speculare.La “Terra dei fuochi” non è solo rifiuti interrati, criminalità e malaffare. Queste cose brutte ci sono dappertutto e non sono il monopolio della nostra terra. Caro dott. Saviano, la “Terra dei fuochi” non è solo il “fuoco” che alimenta i roghi tossici, che consuma i malati di cancro, che esce dalle armi dei clan camorristici o che distrugge le saracinesche saltate in aria perché non è stato pagato il “pizzo”. E’ anche un altro tipo di “fuoco”. Quello della forza di un popolo. Che sa resistere, con il calore umano e la solidarietà di sempre, sotto il peso di calamità drammatiche che da secoli la sorte ha destinato ad esso; che sa reagire con ottimismo, intraprendenza e fantasia, cercando di risollevarsi in qualche modo, malgrado sia stato depredato di tutto da mercanti senza scrupoli; che sa restare al suo posto, con coraggio e determinazione, a difendere la propria terra fino alla fine. A questo popolo, e a me stesso, dico: cari amici, non fuggiamo. E’ necessario un gesto di amore e, se non abbiamo più amore, almeno uno scatto di orgoglio per salvare la nostra terra. Proteggiamola, accarezziamola, sorridiamole…Impegniamoci in ogni settore, ciascuno per quanto sa e può fare, nell’arte, nella cultura, nel lavoro, nella famiglia, nell’economia, nella politica, affinché la “Terra dei fuochi” arda e risplenda sempre più di “fuoco” buono. Un caro augurio a Lei, dott. Saviano, e specialmente a tutti noi, popolo della “Terra dei fuochi”.


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