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Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Enrico Tresca, capogruppo uscente del Partito democratico al Comune di Caserta, al direttore Francesco Marino con la quale risponde alla proposta di giunta avanzata da CasertaFocus che prevedeva di indicare per due anni, a prescindere da chi sarà il sindaco come assessori Silvia Ardagna (autrice di un testo di economica usato dal governo Cameron in Inghilterra per le sue politiche economiche) al Bilancio, Nando Gentile (campione d’Italia con la Juvecaserta e stella del basket anche in Europa) allo sport, Roberto Saviano (scrittore anticamorra) al marketing territoriale, Toni Servillo (attore premio Oscar con la Grande bellezza) ai grandi eventi e Lello Lauria (presidente del Wwf) all’Ambiente.

Caro Direttore, ho letto con interesse la tua non provocatoria proposta di Giunta ideale per risollevare Caserta. E penso che tu abbia ragione, ad alcune condizioni. La crisi di Caserta è una crisi strutturale e non congiunturale; è crisi di un sistema di relazioni e di modi ormai cristallizzati di gestione della res publica; è crisi di classe dirigente e di politiche per rilanciare il suo tessuto economico e produttivo; è crisi di pensiero e di discorso pubblico per ripensarsi e costruire insieme, attraverso l’interlocuzione con i vari centri, le occasioni utili a creare lavoro: turismo, alta velocità, policlinico e industria biotech, università. E con essa l’assenza di una visione comune di un futuro possibile, della percezione di una identità cittadina a rendere il clima ancora più asfittico. La politica, quale attività nata tra gli uomini per individuare le necessità collettive, scegliere le priorità e prendere le decisioni utili alla loro soluzione, in città ha lasciato il passo per due decenni alla gestione del potere. Tanti, troppi eletti a coltivare il favore, la cura dell’interesse personale, il consenso organizzato militarmente nelle grandi “centrali”: Ospedale, ASL, Comune, ASI, CUB spremute come limoni. Ed insieme, la pericolosa ed ubiquitaria penetrazione della camorra in tutti i campi di spesa pubblica cittadina, come dimostrano le recenti inchieste. E mentre tutto questo accadeva i più hanno provato a resistere, continuando a fare il proprio lavoro o a studiare, confidando nella propria onestà personale e rettitudine, nella speranza di riuscire a garantirsi da soli la qualità di vita che la carente organizzazione cittadina non restituisce ormai più. Ma il vento della crisi globale è arrivato a travolgere una impalcatura sociale fragile e non sorretta dalla politica cittadina, incapace di suscitare e sostenere concrete solidarietà. Caserta è precipitata, è più diseguale, non conserva quasi traccia della propria dimensione comunitaria, non garantisce i servizi di base e quelli necessari per migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti. Ed anche chi è garantito percepisce con crescente disagio la collocazione in una realtà dannatamente infelice.I soggetti politici non bastano, anzi sono parte del problema. E’ una crisi certamente più generale, quella della rappresentanza e dei suoi meccanismi, occorrerebbe però ritornare a tessere nodi tra le risorse diffuse delle professioni e delle competenze che in un agglomerato urbano più facilmente si concentrano. Il mancato utilizzo pubblico di questo giacimento sta portando alla sua drammatica erosione: il saldo migratorio è negativo anche per Caserta ed il capitale umano si sta assottigliando, specie nella componente più qualificata, quella dei giovani con alti percorsi di studi. Caserta è ancora in tempo? La politica ha il dovere di riannodare il legame con il sapere: senza politica la conoscenza non genera miglioramento diffuso, senza sapere la politica diventa gestione deteriore dell’esistente e rinuncia a trasformare la realtà. Le competenze e le capacità devono essere parte del discorso pubblico, contributo diffuso e organizzato di conoscenza per progettare e prendere decisioni per la utilità di tutti i cittadini. Ed ognuno deve fare la propria parte, sentendo un clima di recuperata utilità del proprio contributo. Ecco, Caserta ha prima di tutto bisogno di una nuova straordinaria mobilitazione di queste sue energie, forse ridotte rispetto al recente passato, ma comunque cospicue. Un nuovo civismo aperto, concreto, risoluto. E non per “fare le liste” ma per dare ai decisori futuri strumenti e conoscenze per una visione condivisa del futuro della città. Al governo, dunque, i migliori, ma accompagnati dallo spirito, dal pensiero, dalle energie intellettuali dell’intera città. Per ricostruirla più libera, più uguale, più ricca, più moderna.


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