12:37:09 CASERTA. Depositate le motivazioni della sentenza di appello, della quinta sezione della corte di assise di Napoli, presidente Ginevra Abbamondi, consigliere Maria Consiglia Esposito, la difesa valuta il ricorso in Cassazione per Gabriel Ippolito, condannato a diciassette anni e sette mesi per l'omicidio di Gennaro Leone. L'imputato, originario di Caivano, è stato di recente trasferito nel carcere di Pescara, dopo che la corte ha rigettato la concessione dei domiciliari presso l'abitazione della fidanzata. 

Prima della sentenza Ippolito aveva chiesto scusa "non volevo la morte di Gennaro. Io lavoravo a Rimini ed ho anche rovinato la mia vita. Non sapevo che colpendo la coscia avrei causato la morte di Gennaro. Anche io avevo 18 anni come lui. Quando è successa la tragedia io non ho capito più niente. È stata una tragedia anche per me. 

Avrei voluto morire anche io. Ripeto che non pensavo che colpendo la gamba sarebbe successa questa tragedia. Ho sbagliato non mi sono mai trovato in una situazione simile.

Chiedo perdono per quanto è successo. Non volevo la morte di Gennaro". I giudici di secondo grado hanno confermato quasi integralmente la sentenza dei colleghi sammaritani, eccetto per la rivalutazione delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti dei futili motivi "questa Corte ritiene integralmente condivisibile l'analitica ricostruzione dei fatti e l'ampia motivazione posta a fondamento della stessa dal Giudice di primo grado".

La Corte aveva rigettato la richiesta della difesa di riaprire l'istruttoria. Prima l'avvocato Raucci, poi gli avvocati Maielli e Toraldo, avevano chiesto di analizzare le immagini dei video e sentire il capitano Testa per contestare l'animus necandi dell'imputato, di rivalutare l'operato del dottor Di Nuzzo e dei medici del pronto soccorso, anche in merito ai tempi di intervento, circa la decisione di togliere il laccio emostatico che aveva fermato l'emorragia e di suturare la ferita e di non intervenire chirurgicamente. I giudici di secondi grado hanno ritenuto che "il compendio probatorio, documentale e dichiarativo, appare autosufficiente per il discernimento della storicità degli accadimenti" rigettando l'istanza di una nuova perizia di ufficio per valutare una eventuale condotta colposa dei sanitari che hanno assistito Leone all' ospedale di Caserta.

La Corte in merito ha chiarito "in merito agli approfondimenti istruttori richiesti e segnatamente la condotta del dottor Di Nuzzo al pronto soccorso con riferimento alla eliminazione del laccio emostatico apposto sulla gamba e alla sutura delle lesioni, ai tempi degli interventi e l'invio in sala operatoria, sulle condizioni di Leone al momento del soccorso da parte dei medici del 118 e in ospedale, si ritiene che tali temi hanno formato oggetto di particolare e accurata analisi in primo grado" , i giudici hanno  citato le udienze in cui sono stati sentiti i Ctu del pubblico ministero, il consulente della parte civile e i tre consulenti della difesa "talché alcun ulteriore approfondimento istruttorio è necessario" e comunque non è stata ravvisata una condotta negligente da parte del dottor Di Nuzzo. Rigettata anche la richiesta di acquisire la consulenza redatta dall'ingegnere Vincenzo Di Vaio che per la difesa ha esaminato i file delle immagini del sistema di sorveglianza " trattasi di accertamento del tutto sovrapponibile a quello effettuato dai Ris di Roma sezione Fonica e Audiovideo informatica, con allegati video che riportano riprese ingrandite e rallentate della scena, con relativi frame estratti in foto a colori". I giudici napoletani hanno anche spiegato l'inutilità di escutere il capitano Testa "perché il pm aveva rinunciato alla sua audizione, in quanto sul punto aveva già deposto il teste Pedrocchi e anche la difesa aveva rinunciato alla sua deposizione".

La corte ha accolto solo la richiesta di sentire Filip Smajewski, amico della vittima e testimone dei fatti, perché non era stato ascoltato con le garanzie di legge in quanto indagato per la rissa, per cui la sua deposizione doveva avvenire in presenza di un legale di fiducia. Il teste per altro si è avvalso della facoltà di non rispondere. Per i giudici di secondo grado "fatto non contestato è che Ippolito Gabriel ha colpito Leone Gennaro due volte alla gamba destra, cagionandogli due ferite una delle quali, più profonda alla radice della gamba, ha lesionato l'arteria femorale, trapassandola, e cagionando una emorragia le cui conseguenze hanno causato uno shock ipovolemico e quindi la morte", i giudici si sono ampiamente soffermati sulla dinamica non equivoca dei movimenti di vittima e imputati in base alle immagini delle videoregistrazioni. Per queste ragioni Ippolito è stato condannato a 17 anni e 7 mesi e al pagamento delle provvisionali alle parti civili i genitori e i fratelli della vittima (100 e 70mila euro) rappresentati dagli avvocati Plini e Tartaglione, il Comune di Caserta 7mila euro), rappresentato dall'avvocato Carolina Mannato e la fondazione Polis (5mila euro).

Giovanni Maria Mascia