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CAPUA. Una riflessione impietosa sulla situazione di Capua alla vigilia delle prossime amministrative arriva dall’ex vicepresidente della Provincia, ex consigliere regionale, nonché ex primo cittadino della città di Fieramosca, Adolfo Villani, uomo di punta del centrosinistra casertano negli anni 90 e nei primi anni del 2000. Villani chiama riporta la discussione sul ruolo di Capua nello scacchiere provinciale e non solo e sullo svuotamento del protagonismo che progressivamente la città ha subito. Responsabilità precise vengono attribuite oltre alla classe politica, anche al ceto imprenditoriale. Ecco l’analisi di Villani:

Nel 2016 elezioni amministrative a Capua. Si sente parlare molto di aspiranti candidati alla carica di Sindaco ma quasi nulla di programmi e progetti, a parte qualche tentativo al momento isolato. Eppure Capua non si può governare senza una idea precisa di città.

E non solo perché davanti a noi c'è una crisi generale terribile ed un Municipio portato al dissesto finanziario che per 10 anni non potrà contrarre mutui e dovrà tenere le tasse ai massimi livelli. Capua ha una storia grande ed un patrimonio architettonico di notevole valore che ne è il retaggio. Un patrimonio che non può stare solo sulle spalle dei suoi circa 19000 abitanti.

Gli ex complessi conventuali, le ex Caserme, oggi in gran parte abbandonate, le sue Chiese e i suoi palazzi, l'ansa del Volturno e le fortificazioni che coronano il suo centro storico, sono servite ad un territorio molto più ampio dei suoi confini comunali. Sono cioè il frutto di un ruolo territoriale vasto che Capua ha svolto per lunghi archi di tempo nella storia: sede del potere religioso ed economico, esercitato sul territorio dell'antica Terra di Lavoro -che si estendeva da Nola a Gaeta- e poi città fortezza, antemurale della città Stato di Napoli fino all'unità d'Italia. La perdita di questo ruolo ha prodotto un processo di lenta decadenza che trovò il suo culmine negli anni ottanta.

Poi il terremoto del 1980 impose un processo di riorganizzazione della grande e congestionata area metropolitana di Napoli che non poteva non guardare al piano campano e alla conurbazione casertana. Arrivarono decisioni importanti per il nostro territorio: l'istituzione del II Ateneo Universitario di Napoli, con gran parte delle facoltà decentrate in provincia di Caserta e la delocalizzazione di infrastrutture di rilievo nazionale e regionale.

Da questo processo Capua ricavò non poco: risorse notevoli per la messa in sicurezza di buona parte del patrimonio edilizio pubblico e privato; la facoltà di Economia e Commercio nell'ex Complesso delle Dame Monache; il Centro Italiano di Ricerche Aerospaziali, il più grande investimento in ricerca scientifica che sia stato realizzato in Italia negli ultimi 30 anni; l'accorpamento di diverse scuole dell'Esercito nella moderna e grande struttura realizzata nell'ex aeroporto Salomone. Altre opportunità svanirono per beghe localistiche. Tutto ciò non è poco e dovrebbe imporre una riflessione: perché la città non ha saputo cogliere fino in fondo queste opportunità adeguando e modernizzando i suoi servizi? E' una questione che riguarda non solo l'inadeguatezza del livello politico e amministrativo, ma anche la carenza di imprenditorialità privata che ha anch'essa ragioni storiche profonde.

Questa riflessione serve non tanto per piangersi addosso e attribuire responsabilità, quanto per comprendere cosa non funziona e cosa bisogna fare per correggerlo. Infine servirebbe un confronto capace di produrre delle idee per il riuso del fiume, delle fortificazioni e degli ex complessi conventuali ancora abbandonati. Sono stati questi gli elementi che hanno connotato il ruolo di Capua nella storia ed è dal riuso in chiave moderna di questi elementi che bisogna partire per delineare un ruolo nuovo della città per il nostro tempo.

Uno sforzo da coordinare con gli altri comuni della conurbazione casertana in rapporto alla funzione del piano campano nella grande area metropolitana regionale che si è formata dagli anni ottanta in poi e che si estende, ormai senza soluzione di continuità, da Salerno a Caserta, passando per Napoli e il Baianese. Come si vede non si tratta di fare l'elenco della spesa ma di ripensare la città ed il suo territorio nell'ambito dei grandi processi di trasformazione che investono la regione ed il Mezzogiorno.

Senza un progetto di città che abbia questo respiro e questa ampia visione territoriale, si continuerà a vivacchiare tra personalismi di bassa lega e piccole beghe di paese che continueranno a deprimere la vita economica e civile di Capua anche a dispetto delle novità e delle opportunità che pure si sono presentate dagli anni 80 in poi.

 


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