Ai nastri di partenza la seconda edizione di «LIBRIAMOCI», l’iniziativa promossa dai ministeri dei Beni culturali e dell’Istruzione, in collaborazione con il Centro per il libro e la lettura (CEPELL).

Tutte le scuole italiane sono state invitate a dedicare le mattine dell’ultima settimana di ottobre alla lettura di libri a voce alta, in classe. Sei giorni di letture, senza voti né giudizi, così per il piacere di leggere. Come già l’anno scorso, non si trattata di una iniziativa a schema fisso: gli insegnanti hanno organizzato percorsi vari in maniera autonoma.

Sono ventisei gli istituti della provincia di Caserta ad aver aderito e tra essi sei Scuole Secondarie Superiori: l’ISISS Majorana-Bachelet di S. Maria a Vico e il Liceo Pizzi di Capua, che avevano già partecipato anche l’anno scorso, l’ITE L. da Vinci di Santa Maria Capua Vetere, il Liceo Scientifico N. Cortese di Maddaloni, l’ ISISS Taddeo da Sessa di Sessa Aurunca, il Liceo Scientifico L. da Vinci di Vairano Patenora.

La lettura è lo strumento migliore per favorire l’arricchimento lessicale e quindi le possibilità di esprimersi, oltre ad allenare l’attenzione; leggere invita ad isolarsi per approfondire, avviando quel dialogo con se stessi necessario per scoprire le proprie risorse e nutrire i propri interessi. È per questo che l’interesse verso la lettura ed il piacere ad esercitarla sono obiettivi che da sempre le istituzioni formative si pongono; eppure, dai dati Istat, emerge che nel 2014 la quota di lettori di libri è scesa, dal 43% del 2013, al 41,4%.  Tra una pizza e un libro, meglio una pizza. Aumentano, infatti, i luoghi del piacere del palato, diminuiscono quelli del piacere del leggere. Le librerie chiudono o debbono subire dolorosi ridimensionamento.

Cosa c’è che non va? Perché tanto disamore e disinteresse?  Accusare la televisione, i videogiochi, i computer e più in generale tutte le nuove tecnologie, significa ignorare che anche la scuola è responsabile, tenendo conto, però, che si può far breccia nei ragazzi solo se si è credibili e si crede tenacemente nel proprio mestiere di educatori, se si cercano nei libri le parole giuste che in quel momento toccano l’anima. Non a caso un grande pedagogista come Rousseau non si occupò dei metodi per insegnare a leggere, ma sostenne semplicemente che occorre far nascere nell’allievo l’amore della lettura.

La scuola è responsabile, quindi, e lo sono innanzitutto formatori, ma intorno ci vogliono anche strutture, reti di servizi, investimenti della politica e di chi nel mondo della produzione culturale si muove ed ha il dovere di  essere credibile, tanto quanto si chiede di esserlo alla scuola e ai suoi docenti.  Non bisogna, infatti, trascurare i dati relativi ai livelli di partecipazione culturale dei non lettori, significativamente inferiori alla media: ad esempio, hanno visitato musei o mostre il 48,9% dei lettori, contro il 13,3% dei non lettori, hanno assistito a spettacoli teatrali il 32,3% dei lettori, contro il 9,6% dei non lettori. È chiaro, perciò, che la scarsa propensione alla lettura è anche un indice di difficoltà di accesso ad altre risorse ed opportunità culturali e che, ad oggi, è praticamente assente una seria politica culturale pubblica per la lettura: partire dalla scuola, sicuramente, ma anche valorizzare il ruolo delle biblioteche, delle librerie e di tutti quei luoghi che creano un contatto diretto e sicuro con il lettore reale o potenziale.

Clementina Carfora