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CASERTA. Professore Melone, torna la campagna elettorale per le amministrative a Caserta e si ripropongono gli stessi temi e gli stessi scontri di cinque anni fa...

«C’è un immobilismo cronico in questa città: lo dimostra il fatto che da venticinque anni ci sono sempre gli stessi consiglieri comunali, molti dei quali, all’occorrenza, si posizionano da una parte e dall’altra determinando le vittorie elettorali. Non è un caso che le ultime tre amministrazioni siano cadute, non per l’abilità delle opposizioni, ma per il riposizionamento di alcuni nelle maggioranze che ha determinato la loro stessa fine. Uno dei problemi di Caserta è rappresentato dall’eccessiva presenza di coloro che io chiamo “tappi di sughero”, cioé di persone che, a prescindere, galleggiano sempre... ».

Lei è uno dei pochi che ha sempre rifiutato di candidarsi alla guida di coalizioni sulla carta vincenti, scegliendo poi di scendere in campo con un progetto di “testimonianza” quale era quello di Speranza per Caserta...

«Sapevo che non avremmo potuto vincere le elezioni, ma ho scelto di candidarmi per dare un segnale alla città che deve comprendere come le forze sane possono fare la lora parte. La candidatura di cinque anni fa, resta, comunque, un grande errore, perché non basta essere un gruppo di persone perbene per poter governare i processi. C’è bisogna di una forma più strutturata, quella per intendersi dei partiti, che ha la capacità di eleggere le persone giuste in Regione e al Parlamento. Sono quelli i luoghi dove si può fare tanto per Caserta. Purtroppo, in questi anni, non abbiamo eletto nessuno in grado di far valere il ruolo della città in quelle sedi».

Oggi qual è la sua “collocazione”? Due domeniche fa ha partecipato alla riunione di Rifare Caserta...

«Sono vicino al gruppo di Rifare Caserta e ai suoi componenti. Tutti conosciamo le battaglie di legalità condotte da Rosaria Capacchione. Nella mia breve esperienza di consigliere comunale, ho avuto modo di conoscere Franco De Michele ed Enrico Tresca. Si tratta di due persone serie, capaci, che sanno leggere i documenti, che conoscono la macchina amministrativa. E’ impensabile avvicinarsi al Comune di Caserta, senza conoscerlo visto il grande peso che hanno i dirigenti che hanno condizionato, con le loro scelte, moltissime vicende in questi anni. La cosa che mi è piaciuta di più, però è che hanno avviato un percorso aperto alla città teso al coinvolgimento dei casertani. La scelta di voler dialogare con quasi tutti, così come detto nella riunione, è segno della volontà di selezionare un gruppo».

Di cosa ha bisogno oggi la città di Caserta?

«La cosa che conta è quella di costruire un’idea di città. Noi dobbiamo definire quale debba essere il ruolo di Caserta a livello provinciale e a livello regionale. Non si può costruire un dibattito su strade rotte, lampioni spenti e microcriminalità che pure sono fattori importanti, ma che non determinano uno sviluppo della città. Se ci concentrassimo solo su questo, probabilmente avremmo qualche mattonella aggiustata in più, ma non avremmo risolto il problema di una città da cui i giovani fuggono. Di questo passo, Caserta diventerà una città dormitorio per anziani e, noi, non possiamo permetterlo».

Qual è lo strumento da utilizzare per costruire un ruolo a Caserta?

«Sicuramente il Puc. Con il piano urbanistico comunale vengono date le direttrici lungo le quali si intende sviluppare la città. E’ sul Puc che bisogna lavorare per far fare il salto di qualità a Caserta».

Nonostante i buoni propositi del centrosinistra, a Caserta città, vedi le ultime regionali, nei momenti che contano è sempre il centrodestra ad avere la forza dei numeri...

«Il centrodestra ha la capacità, nei momenti che contano, di superare scontri, guerre e frizioni, di azzerare tutto quello che si sono detti e di compattarsi, cosa che, evidentemente, non succede nel centrosinistra. Oggi, comunque, c’è anche il M5S da dover tenere nella dovuta considerazione. Le ultime elezioni confermano che il Movimento è una realtà consolidata in provincia di Caserta. Tutti i dati, però, sono parametrati ad un 50% di elettorato che si è recato alle urne, perché ce n’è un altro 50% che, invece, ha ritenuto di non doversi esprimere perché stanca e scoraggiata. La capacità, oggi, deve essere quella di coinvolgere quell’altra metà di città, sconfiggendo il concetto comune che sta prendendo sempre più piede che “tanto è la stessa cosa” o che “tutti sono uguali”. Non è così. C’è una parte sana nella politica con la quale si deve costruire un progetto credibile di città».


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