18:42:38 Oltre quindicimila persone stamane alla manifestazione in ricordo di don Peppe Diana a Casal di Principe. In corteo anche il presidente dell'Antimafia, Nicola Morra, il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho e il presidente di Libera, don Luigi Ciotti.

Come ogni anno non potevano mancare gli studenti delle scuole annesse al Convitto “G. Bruno” di Maddaloni. Presenti alla manifestazione i ragazzi del Liceo Classico e Classico Europeo del presidio scolastico di Libera, la banda e le majorette.

Il sacrificio di don Peppe non è stato inutile: l’aversano era una terra priva di libertà, il clan dei Casalesi era padrone assoluto del territorio, degli enti locali, di ogni espressione economica e politica. Venticinque anni fa non si aveva neppure il coraggio di pronunciare l’espressione “clan dei Casalesi”. 

La camorra, dopo aver ucciso il coraggioso sacerdote, tentò anche di diffamarlo. Le mafie e i regimi di ogni colore dopo aver eseguito la sentenza tentano spesso di buttare il fango sulle vittime, insinuano che il movente dell’assassinio vada cercato altrove, nel delitto passionale o in un regolamento di conti privato, ma fin da subito ci furono manifestazioni collettive di giovani e adulti e in tanti marciarono per le strade ricordando don Peppe Diana. Da quel momento, nonostante la guerra non sia stata ancora vinta, molte cose sono cambiate: molti hanno sentito il dovere di operare una sorta di riscossa ed in questo quarto secolo fiumane di giovani hanno affollato le strade di Casal di Principe perché il suo esempio di coraggio e legalità sia sempre presente memoria di tutti.

“La partecipazione dei nostri ragazzi alla marcia – ci ha detto la rettrice, prof.ssa Maria Pirozzi – lungi dall’essere una mera presenza ad un evento, rientra nei percorsi di educazione alla legalità che portiamo avanti quotidianamente per sviluppare in loro la coscienza civile e la convinzione che la legalità conviene e che, laddove ci sono partecipazione, cittadinanza, diritti, regole, valori condivisi, non ci può essere criminalità.

I nostri non sono interventi puramente teorici, sappiamo bene che per un adolescente riconoscere e accettare un mondo di regole è sempre un percorso difficile e faticoso, per cui al Convitto educhiamo all'interiorizzazione e al rispetto delle regole come strumenti indispensabili per una civile convivenza innanzitutto con l’esempio. Non procediamo attraverso le prediche, la “saccenteria del dover essere”, per dirla alla Hegel, ma ponendoci di fronte a loro come modelli di riferimento, nella consapevolezza che educare significhi esigere dagli altri, ma principalmente da se stessi e che la relazione educativa si fonda sul giusto equilibrio tra autonomia e autorità, tra rigore e grazia”.