11:25:46 Non si spengono le polemiche legate all’ultimo consiglio comunale di Maddaloni. Questa volta a prendere la parola è il presidente del consiglio Francesco Capuozzo che risponde ai colleghi della minoranza in merito alle presunte violazioni che avrebbe commesso circa l’approvazione della contro-mozione presentata da Nunzio Sferragatta in risposta a quella discussa da Imperia Tagliafierro.

«In merito alle dichiarazioni dell’opposizione sulla “presenza” o meno del quorum deliberativo relativo alla discussione/approvazione della mozione nell’ultimo consiglio comunale vorrei precisare che la cassazione con una sentenza chiara IN BASSO IL TESTO ha precisato che il consigliere che si astiene (nel caso dell’ultimo consiglio la consiglierà Santo dei 5 stelle) è da ritenersi assente ai fini della validità del quorum – ha spiegato Capuozzo - Quindi in buona sostanza il quorum (quello funzionale valido ai fini della votazione) dei 2/3 era pienamente rispettato».

Ecco la sentenza della Cassazione richiamata da Capuozzo:

La sentenza del Consiglio di Stato n. 3372 del 2012 si occupa di interpretare lo Statuto di un Comune del Veneto, in relazione ai consiglieri comunali che dichiarano di astenersi.

Ricordiamo che il quorum strutturale riguarda il numero di consiglieri necessario per la validità della seduta (affinchè possa deliberare), mentre il quorum strutturale riguarda la maggioranza richiesta per approvare le deliberazioni.

L’art. 26 dello Statuto di questo comune (come altri nel Veneto), prescrive semplicemente che per l’approvazione delle deliberazioni è necessario il "voto favorevole della maggioranza di consiglieri presenti"; l’art. 27 (unica norma che si occupa delle astensioni) precisa che "il consigliere che dichiari di astenersi dal voto è computato tra i presenti ai fini della validità del voto", salvo che si allontani dall’aula.

Non v’è nessuna norma che fornisca un’espressa disciplina al computo degli astenuti ai fini - non della validità del voto (quorum strutturale) ma - della maggioranza per l’approvazione delle deliberazioni consiliari (quorum funzionale).

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che gli stenuti non si computino come presenti ai fini del quorum funzionale (la maggoranza si calcola solo sui votanti).

Scrive il Consiglio di Stato: "La disposizione, nel prevedere espressamente la computabilità degli astenuti ai fini della "validità", ha come obiettivo quello di evitare che l’astensione, ossia la dichiarazione di non voler o poter votare, possa strumentalmente essere utilizzata per condizionare il numero legale. Essa evidentemente presuppone l’accoglimento di una nozione di "astensione", equivalente, negli effetti, a quella di "assenza", tanto che interviene in via eccezionale, sebbene ai soli fini della validità, ad inibire questa tendenziale equivalenza quando l’oggetto della valutazione ricada sulla validità delle sedute (quorum strutturale).

Se l’astensione fosse stata considerata dallo Statuto una modalità di voto anziché una manifestazione della volontà di non partecipare alla discussione ed al voto, allora non ci sarebbe stato bisogno di una norma – quale quella dell’art. 27 – che esplicitamente impone di considerare presente il soggetto che si astiene. La norma tuttavia limita i suoi effetti derogatori (rispetto alla nozione di astensione implicitamente accolta) allo sola validità della votazione collegiale, id est, al quorum strutturale. Indi, per il quorum funzionale, ossia per il calcolo della maggioranza dei voti validamente espressi, vale, ai sensi dello Statuto, il principio per il quale astensione significa volontà di non partecipare alla discussione ed al voto, con conseguente esclusione dal computo dei presenti.

4.2. La sussistenza di una disciplina che equipari in via generale i presenti astenutisi, agli assenti, non deve sorprendere (l’appellato in proposito ravvisa una contraddizione in termini) poiché questa è ad es. la soluzione utilizzata dal regolamento della Camera dei Deputati, che al suo art. 48, dopo aver ribadito la formula costituzionale "maggioranza dei presenti", afferma che sono considerati presenti solo coloro che esprimono voto favorevole o contrario. Formula giudicata dalla Corte costituzionale compatibile con la previsione costituzionale della "maggioranza dei presenti" di cui all’art. 64 cost. atteso che "dichiarare di astenersi ed assentarsi sono manifestazioni di volontà che si differenziano solo formalmente - come una dichiarazione espressa si differenzia da un comportamento concludente - ma che in realtà poi si accomunano grazie all'univocità del risultato cui entrambe mirano con piena consapevolezza, che è quello di non concorrere all'adozione dell'atto collegiale". Se così è – aggiunge la Corte - "l’assemblea può stabilire in via generale ed astratta quale sia, ai fini del computo della maggioranza e, quindi, della validità delle deliberazioni, il valore dell'un modo o dell'altro di manifestare la volontà di non partecipazione alla votazione" (cfr. sent. n. 78 del 1984).

4.3. L’indicazione derivante dall’interpretazione testuale e sistematica delle norme statutarie sopra suggerita (ed adottata dal Comune prima delle modifiche), pertanto, non solo non è contraddittoria, ma è plausibile e non irragionevole, costituendo una libera scelta statutaria.

Del resto non si rinvengono limiti o prescrizioni nel TUEL, il quale si limita ad affidare la disciplina del funzionamento del Consiglio comunale alla fonte statutaria ed a quella regolamentare.