11:09:22 Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno dato esecuzione alla misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale capitolino nei confronti dell'immobiliarista Giuseppe Statuto, 51 anni e del suo collaboratore Massimo Negrini, 64 anni, ritenuti responsabili della bancarotta fraudolenta della Brera S.r.l. Statuto è di Casaluce da dove è partito con la sua piccola azienda di costruzione ereditata dal padre Raffaele.

Dopo la sua scomparsa, nel 1992, i tre figli Domenico, Giuseppe e Ivan decidono di portare avanti l’attività paterna. L ‘ anno dopo fondano a Caserta una snc, società a nome collettivo. Nel 2001 il grande salto: la sede viene trasferita da Casaluce a Roma, via Barberini 11. La società si trasforma da snc a srl. E Giuseppe Statuto lascia la carica di amministratore. Presidente diventa Domenico e l’ad è Ivan. Il capitale sociale è di 100.704 euro, suddiviso in tre quote uguali fra i figli di Raffaele Statuto. L’oggetto sociale è ampio: va dalla ristutturazione all’acquisto di immobili e dall’affitto alla cessione di edifici.

Dagli approfondimenti investigativi è emerso che gli arrestati hanno distratto dal patrimonio della fallita "Brera" oltre 8 milioni di euro, relativi a un credito vantato verso la società controllante, la "Michele Amari S.r.l.", trasferendolo fittiziamente a due società con sede in Lussemburgo appartenenti allo stesso gruppo e rendendolo "di fatto irrecuperabile".
    Questa condotta non è stata occasionale o sporadica - sottolinea il Gip - in quanto rientrante in un più ampio disegno attuato dagli indagati mediante la "creazione di società a mero scopo speculativo".

 Di origine casertana, Statuto è noto alle cronache per vicende che lo hanno visto protagonista per alcune iniziative speculative, soprattutto nel settore immobiliare. A fronte della crisi del comparto, il gruppo Statuto - cui fanno capo centinaia di imprese - ha orientato il proprio business, nel tempo, verso la gestione di alberghi di lusso nelle città di Venezia, Milano e Taormina. Dagli approfondimenti investigativi condotti dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, è emerso che gli arrestati hanno distratto dal patrimonio della fallita "Brera" oltre 8 milioni di euro, relativi a un credito vantato verso la società controllante, la "Michele Amari S.r.l.", trasferendolo fittiziamente a due società con sede in Lussemburgo appartenenti allo stesso gruppo e rendendolo - come si legge nel provvedimento - "di fatto irrecuperabile, mediante un complesso intreccio di negozi giuridici fraudolenti, indice dell'elevata professionalità degli indagati".

   In particolare, il credito, inizialmente costituito da somme giacenti su un rapporto di conto corrente cointestato alla "Brera" e alla "Michele Amari", è stato trasformato in un finanziamento fruttifero infragruppo concesso, in successione, a due persone giuridiche anonime lussemburghesi con una situazione economico-patrimoniale estremamente compromessa. Questa condotta non è stata occasionale o sporadica - sottolinea il Gip nell'ordinanza - in quanto rientrante in un più ampio disegno criminoso attuato dagli indagati mediante la "creazione di società a mero scopo speculativo, le quali sono state sistematicamente ed in maniera preordinata portate al fallimento, come di fatto sta avvenendo per numerose società del 'gruppo Statuto'". I fatti contestati a Statuto e Negrini - i quali, allo scopo di impedire agli investigatori di risalire alle proprie responsabilità, hanno occultato parte della documentazione contabile - hanno provocato il dissesto e il successivo fallimento della "Brera", dichiarato nel 2016, con un passivo pari a oltre 32 milioni di euro, gran parte dei quali nei confronti del Fisco.