16:12:03 ACERRA. Da tempo il vescovo di Acerra è al fianco degli operai de La Doria, «una bella azienda che negli anni, grazie in particolare al sito di Acerra, è diventata leader in Italia nella produzione di sughi pronti».

Il presule si è scontrato però, fin dall’inizio, con la «rigidità» dei vertici dell’azienda, che monsignor Antonio Di Donna definisce «chiusi e inflessibili». E tuona: «Adesso si negano pure al telefono». La Doria, dopo tanti anni di attività ad Acerra, ha deciso di cessare la produzione nel sito, per spostarla in città dove conta altrettanti insediamenti produttivi, disinteressandosi del disagio dei lavoratori, e mostrando insensibilità nei confronti dell’economia e del sano sviluppo di un’intera Comunità. Chiudere ad Acerra un’azienda come La Doria significa infatti per monsignor Di Donna dare «un colpo quasi mortale alla naturale vocazione agricola del territorio», esponendolo al rischio di diventare sempre più «terreno di conquista di siti inquinanti». Il vescovo di Acerra ha continuamente invocato l’impegno di tutti, sollecitando tavoli istituzionali di concertazione, locali e ai più alti livelli, perché «la posta in gioco è alta» e riguarda il futuro di tutti, fino a denunciare le contraddizioni di «una visione miope e schizofrenica dello sviluppo del territorio», che con l’abbandono di aziende come La Doria può «perdere definitivamente la propria identità». Oggi, dopo il licenziamento dell’operaio e sindacalista Michele Gaglione, l’amarezza e la delusione sono ancora più grandi, perché, afferma il vescovo Di Donna, «dalla dismissione dello stabilimento e dalla completa chiusura di fronte alle ragioni di un’intera Città, siamo passati alla ricerca di un pretesto per licenziare chi con fatica e impegno ha portato avanti la lotta affinché l’azienda rimanesse e investisse in un territorio già martoriato dal dramma umanitario dell’inquinamento ambientale». E forse per questo «più fastidioso e pericoloso». Esprimendo solidarietà a Michele Gaglione, monsignor Di Donna ribadisce e conferma l’amara «impressione che a questa azienda Acerra non piaccia», sollecitando ancora una volta tutte le Istituzioni, «in particolare quelle locali», ad «un impegno più convinto e credibile» che offra «possibilità concrete di riscatto al territorio».