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09:34:03 CASERTA. Gianfranco Tedesco vuole realizzare i trecento appartamenti di housing sociale a Puccianiello. L’imprenditore, lo scorso primo agosto, ha presentato la richiesta di assegnazione del suolo per procedere alla costruzione degli appartamenti e portare avanti il suo progetto che va avanti dal lontano 2013.

Se ci dovesse essere il disco verde da parte del Comune, l’imprenditore è pronto a partire sin da subito ad aprire il cantiere per la realizzazione degli immobili.

L’ente di Palazzo Castropignano ha a disposizione sessanta giorni per rispondere all’istanza avanzata dal costruttore e, al momento, non ha fatto nulla.

Se non dovessero intervenire decisioni differenti da parte del Comune, con l’ente che non dà alcuna risposta alla società di Gianfranco Tedesco, l’imprenditore potrebbe partire con il cantiere.

Una non risposta farebbe anche decadere un ricorso presentato al Tar per la destinazione d’uso del terreno.

Si tratta di un’area di proprietà di Tedesco a cui si accede da via Domenico Capitelli su cui l’imprenditore vorrebbe realizzare gli appartamenti di edilizia popolare.

Il Comune mette in discussione la destinazione d’uso del terreno di via Capitelli accatastato nel progetto sull’housing come C5, cioé edificabile.

L’ufficio urbanistica ha comunicato, alla proprietà la destinazione d’uso differente con un provvedimento del 17 maggio 2016.

Contro tale decisione Tedesco ha presentato ricorso al Tar con l’avvocato Renato Labriola, legale che lo affianca in tutto sin dall’inizio di questa battaglia, che in maniera dettagliata e circostanziata ha spiegato come tale atto del Comune sia illegittimo e lesivo degli interessi imprenditoriali del suo assistito.

Tutto nasce da una diatriba che c’è tra la proprietà ed il Comune di Caserta in merito alla classificazione urbanistica del terreno interessato, dopo l'approvazione del piano regolatore avvenuta nel lontano 1984, da parte della Provincia.

Ad accompagnare il ricorso una perizia tecnica affidata alla società di servizi ERRECI sas dell'ingegner Salvatore Roberti, che ha evidenziato una serie di omissioni amministrative, che sarebbero state commesse tra il 1985 e il 1989, da parte degli Uffici Comunali. Dal ricorso emerge come, in quegli anni, mentre da un lato il Comune provvedeva a realizzare un piano particolareggiato, il cosiddetto Puccianiello 2, dall’altro la Provincia realizzava il piano regolatore generale accatastando l’area di proprietà di Tedesco come C5. La mancata comunicazione tra gli uffici ha determinato lo stato di confusione che, a distanza di trent’anni, non si è ancora risolta anche perché, nel contempo, un’area nelle prospicienze del cimitero veniva accatastata come F1, verde attrezzato. La zona oggetto del ricorso ha subito un forte processo di urbanizzazione cosa che, secondo Labriola, di fatto, la renderebbe edificabile e renderebbe nullo il provvedimento del 2016. «Ora il Comune di Caserta, ben conscio di ciò, insiste pervicacemente a considerare quella zona F1-verde di rispetto quando de facto la stessa è totalmente urbanizzata e vi sono stati rilasciati anche permessi di costruire da parte del Comune di Caserta e quindi la stessa - si legge in un passaggio dell’esposto - è da considerare come zona C5, o, tutt'al più zona 167 come da piano di zona 167 (Puccianniello 2)».

Questioni cavillose che sarebbero superate, ovviamente, nel momento in cui il Comune dovesse riconoscere il permesso a costruire. Se ciò accadesse, ci sarebbe, un altro aspetto da non sottovalutare: Tedesco assorbirebbe tutta la quota housing.

Va ricordato, infatti, che ciascun comune ha una quota abitativa legata all’housing fissa superata la quale non è più possibile procedere alla realizzazione di appartamenti di edilizia economica e popolare.

Perché ciò avvenga, comunque, si dovrebbero chiudere gli ultimi strascichi di un’intricata vicenda giudiziaria e amministrativa che coinvolge la Regione Campania e il Comune di Caserta e Tedesco.

Tutto nasce il 16 luglio 2009 quando il Consorzio Asppi Casa - La Casa del Popolo Verde, insieme al Consorzio Urbania srl, risponde al bando della Regione e presenta un progetto che viene approvato dalla Regione Campania con Decreto 62 del 3 marzo 2011 del dirigente del settore edilizia popolare.

Il bando regionale prevede un contributo per i soggetti che intendono realizzare tali alloggi ed è qui che scatta l’inghippo.

Durante l'istruttoria del procedimento di selezione delle proposte, è intervenuta la legge regionale 5 del 6 maggio 2013, che, all'articolo 1, comma 153, ha previsto che "...la concessione di nuovi contributi o agevolazioni in favore di soggetti attuatori legittimati dalle leggi in vigore per il recupero e la costruzione di alloggi nella regione Campania è consentita solo per interventi di recupero edilizio e non per quelli di nuova edificazione".

Tale normativa non ha spaventato l’Asppi che il 19 novembre 2013, questa volta senza il Consorzio Urbania, procedeva ad integrare la documentazione relativa al proprio progetto comunicando alla Regione di essere interessata ad andare avanti anche in assenza di contributo.

Nonostante tale integrazione il 23 gennaio 2014 la Regione Campania ha provveduto ad escludere il progetto, tesi confermata anche con il decreto dirigenziale 347 del 2014 dopo le deduzioni presentate dal consorzio Asppi. E qui comincia la battaglia giudiziaria che, tra le altre cose, accomuna Tedesco anche ad altri imprenditori casertani che pure hanno subito il suo stesso destino. A differenza di altri, però, Tedesco riesce a vincere dal momento che il Tar accoglie il suo ricorso, presentato dall’avvocato Renato Labriola, e condanna la Regione Campania alle spese, imponendole di riconoscere al gruppo la possibilità di portare avanti il progetto di edilizia popolare. Con la sentenza del 24 marzo 2016 i giudici Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF, Fabrizio D'Alessandri Consigliere, e Francesca Petrucciani, Primo Referendario affermano che «La previsione dell’adozione di una variante urbanistica al ricorrere di determinate condizioni oggettive per la realizzazione di un progetto di housing sociale non può intendersi come la concessione di un’agevolazione in favore dell’interessato, ma come una misura per l’attuazione di un progetto per il quale ricorrono i presupposti di esecuzione e la compresenza di un interesse pubblico». La vittoria davanti al Tar non ha chiuso, però, il braccio di ferro con la Regione che ha presentato appello al Consiglio di Stato. Tale istanza, però, non ferma l’iter del progetto, dal momento che nel nuovo ricorso non c’è alcuna richiesta di sospensiva della sentenza che, quindi, a tutti gli effetti dovrebbe diventare operativa.

Ed è qui che interviene ancora una volta l’avvocato Labriola con un nuovo ricorso con il quale chiede al Tar la nomina di un commissario ad acta per attuare la sentenza al fine di evitare un danno al consorzio Asppi e, nel contempo, di permettere allo stesso di avviare i lavori per gli appartamenti.


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