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Daniela CarnevaleL’ipertensione arteriosa colpisce, danneggiandoli, diversi organi del nostro organismo.

Uno di questi è sicuramente il cervello, dove può portare a deficit cognitivi anche molto seri.

Ora uno studio condotto dal Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli (IS) ha individuato in pazienti ipertesi l’esistenza di segni specifici di danno alla sostanza bianca del cervello, composta dalle fibre nervose che ne collegano le diverse aree.

La ricerca, che viene presentata oggi alla Conferenza Internazionale sull’ipertensione arteriosa della American Heart Association (Council on Hypertension), a Washington, ha usato una tecnica avanzata di risonanza magnetica chiamata “tensore di diffusione” (DTI).

Chiamato anche trattografia, questo metodo, che analizza la diffusione delle molecole di acqua nei tessuti e ne individua anche la direzione del flusso, permette lo studio dettagliato delle fibre nervose in modo assolutamente non invasivo.

“Esistono già metodi efficaci – dice Daniela Carnevale, ricercatrice dell’Università La Sapienza di Roma presso il Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’IRCCS Neuromed – per valutare il danno da ipertensione a livello di reni, occhi e cuore. Ma non per il cervello, se non quando il danno è ormai troppo avanzato. Così, attraverso la DTI, abbiamo voluto cercare un metodo per individuare i danni cerebrali che potrebbero aiutarci a prevedere l’insorgenza di demenze di origine vascolare”.

Lo studio, che si è svolto su un campione di pazienti ipertesi e un gruppo parallelo di soggetti che presentavano una pressione arteriosa normale, ha concentrato l’attenzione sulle fibre nervose di sostanza bianca, che collegano le varie aree del cervello, il cosiddetto connettoma, valutando la loro struttura e la loro funzionalità. “Ci sono – spiega Carnevale – diversi studi sugli effetti dell’ipertensione sulla sostanza grigia (composta dai neuroni, ndr). Noi ci siamo focalizzati sulla sostanza bianca e su come questa mantiene connessioni funzionali tra diverse aree cerebrali”.

Nessuna delle persone partecipanti alla ricerca mostrava alterazioni cerebrali nelle comuni risonanze magnetiche. Ma quando si è passati alla tecnica del tensore di diffusione le cose sono cambiate: gli ipertesi mostravano danni in alcune fibre nervose di sostanza bianca, tipicamente riconducibili a tratti del connettoma coinvolti nell’attenzione, nelle emozioni e nella memoria. Inoltre, sottoponendo i partecipanti a specifici test cognitivi, si è visto che le persone con pressione alta avevano sottili deficit nelle funzioni cognitive e nella memoria, anche se questo non influenzava lo svolgimento di attività relative alla loro vita quotidiana.

“Secondo i nostri risultati – conclude la ricercatrice - la DTI fornisce un metodo efficace per valutare un danno cerebrale pre-sintomatico nelle persone ipertese. In questo modo, insieme alla somministrazione di test cognitivi, specifici per le demenze su base vascolare, ci permetterebbe di individuare le terapie più adatte per ridurne la progressione, prevenendo lo sviluppo di una demenza”.


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