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Il vescovo emerito di Acerra – Antonio Riboldi, 94 anni – si è spento all’alba a Stresa, in Piemonte presso la casa dei rosminiani dove si trovava dalla scorsa estate. Il ritorno di monsignor Antonio Riboldi alla Casa del Padre genera umana malinconia nel cuore dei fedeli dell’intera diocesi di Acerra, il cui vescovo, Antonio Di Donna, il vescovo emerito, Giovanni Rinaldi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose con animo commosso ricordano la figura e l’opera di Riboldi e rendono grazie a Dio che in un periodo difficile della sua storia ha affidato la diocesi all’amorevole cura di tal grande Pastore. 

Profondo, indelebile è il legame che unisce la Chiesa acerrana al suo ”don Antonio”, tanto da associare ancora oggi la città al nome del suo vescovo emerito. Legame rimasto tale anche dopo la rinuncia del presule all’esercizio episcopale per limiti di età nel dicembre del 1999, tanto da scegliere di rimanere a vivere in città continuando a celebrare Messa nella Chiesa dell’Annunziata, e da dichiarare più volte pubblicamente la volontà di essere seppellito in Cattedrale. «I nostri contatti erano costanti e fino a quando le forze glielo hanno consentito ha celebrato spesso la Messa domenicale in Cattedrale seguendo sempre con vivo interesse la vita della diocesi e chiamandomi personalmente nei momenti importanti di questa Chiesa locale», dichiara il vescovo di Acerra, Antonio Di Donna. 

Nominato vescovo di Acerra il 25 gennaio 1978 dal Beato Papa Paolo VI, monsignor Antonio Riboldi fa il suo ingresso in diocesi il 9 aprile dello stesso anno. Sede vacante da 12 anni, ad Acerra c’è da rianimare la vita ecclesiale e da sostenere l’intera comunità tra le problematiche di un momento che richiede la difesa della dignità della persona. Attento fin dal primo momento alla vita e ai problemi di ogni giorno delle persone, l’azione più impegnativa per complessità e per durata è il contrasto alla camorra. Storica la marcia che negli 80’ porta migliaia di giovani ad Ottaviano, città del capo indiscusso Raffaele Cutolo. «Meglio ammazzato che scappato dalla camorra», ha detto don Riboldi ricordando la risposta della mamma al suo timore quando viveva sotto scorta, «in quel momento – ha dichiarato il presule in occasione dei suoi 90 anni celebrati nel 2013 nel Duomo di Acerra – mi sono sentito veramente di essere un vescovo, e ho capito cosa significava essere un prelato che deve amare la gente anche se non ricambiato, amare la Chiesa anche se non tutti ti capiscono». 

Anche la vita diocesana riprende vigore grazie al carisma e all’impegno di monsignor Riboldi: fiore all’occhiello sono gli annuali convegni diocesani, momenti forti di vita ecclesiale e grazie ai quali arrivano ad Acerra illustri relatori tra cui il cardinale Carlo Maria Martini. Lo stesso Riboldi ricordava spesso con sano orgoglio lo stupore che gli aveva confessato l’arcivescovo di Milano di fronte a tanta vitalità, nonostante le piccole dimensioni della diocesi.

Curioso e aperto alla modernità, Riboldi è stato uno dei primi vescovi a sbarcare su Internet nel 1997: fino a poco tempo fa le sue omelie arrivavano a migliaia di persone.

Ricordo di Luigi Ciotti di Monsignor Antonio Riboldi

Monsignor Riboldi è stato una figura importante nella Chiesa di questi anni.

La sua “anima” di pastore emerge già nel 1968, quando è parroco nella Valle del Belice. Don Antonio si mette, anima e corpo, al servizio delle persone disperate e private di tutto.

La stessa forza e passione evangelica le metterà dieci anni dopo ad Acerra, in Campania, territorio segnato dalla presenza camorristica, dove è vescovo nominato da Paolo VI.

Monsignor Riboldi denuncia la violenza, i giochi di potere, i silenzi e le complicità di cui gode l’organizzazione criminale. Sarà, in quegli anni, una delle poche voci della Chiesa a schierarsi apertamente contro le mafie, e questo lo renderà per molti di noi un punto di riferimento.

La sua generosità lo porterà a una controversa trattativa, che non ebbe esito, con un gruppo di cammoristi per indurli a consegnare le armi e se stessi alla giustizia.

È stato una persona – un sacerdote, un vescovo – capace come chiede papa Francesco di abitare le periferie, di lottare per i diritti e la dignità delle persone. Lo ha fatto sino all’ultimo, alzando la sua voce per i migranti, per i poveri, per gli esclusi.

Fedele a quel Vangelo che ci chiede di guardare al Cielo senza dimenticare le ingiustizie di questa terra, le speranze e i bisogni degli esseri umani, la loro inestinguibile sete di giustizia e di verità.


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