“L' approvazione in Consiglio dei Ministri della norma sull’equo compenso per gli avvocati segna finalmente un notevole passo in avanti rispetto alla necessità di garantire maggiore tutela alla professione legale. Credo sia giunta l'ora di applicarla anche alle altre categorie professionali".

A dichiararlo l’On. Camilla Sgambato, prima firmataria della proposta di legge n.3745 che, prima delle altre, fu presentata all’esame della Camera dei Deputati con i parlamentari Manfredi e Rostan.

"La nostra proposta, un anno e mezzo fa, mirava alla ‘Modifica all'articolo 2233 del codice civile in materia di compensi degli avvocati’.  

Prevedere la clausola di nullità per le pattuizioni stipulate in violazione della norma di legge, e che palesino uno squilibrio di diritti e di obblighi, rappresenta infatti una conquista in termini di civiltà e dignità per la professione forense che sta vivendo una stagione fatta più di vessazioni che di soddisfazioni.  

Lo stato di depauperamento dei livelli reddituali degli avvocati appare imputabile anche a precedenti scelte politiche che, nel nome della libera concorrenza, hanno inciso nel mercato delle prestazioni professionali, rendendo la figura dell'avvocato indifesa ed esposta alle più spietate logiche di mercato: il tutto a discapito di una difesa libera e indipendente da attuarsi anche attraverso la tutela di una prestazione professionale il cui compenso non sia soggetto in assoluto alla logica del massimo ribasso”, dichiara la parlamentare democratica.

A seguito dell'abolizione dei minimi tariffari, numerosi sono stati gli ‘attentati’ alla dignità del professionista, obbligato alla stipula di convenzioni da clienti con astratta capacità di imporre condizioni di contratto per prestazioni professionali a carattere fiduciario, spesso indecorose”, conclude Sgambato.