CASAGIOVE. Era accusato di aver usato violenza e minaccia a danno della ex convivente, per indurla a testimoniare il falso in un procedimento penale. Nell’ambito di un pregresso procedimento penale per minaccia, conclusosi nel 2010 erano stati escussi diversi testi. Ascoltata anche la denunciante Emma Aveta, questa ebbe a sostenere di aver patito minacce e violenze dall’allora imputato, Angelo Velotto, affinchè dichiarasse il falso a favore di quest’ultimo.
Dopo la conclusione di quel processo per minacce, con sentenza dell’allora Giudice Monocratico Piccirillo, venivano anche trasmessi gli atti alla Procura sammaritana per procedere ancora una volta verso lo stesso imputato, stavolta per il delitto di ”Intralcio alla giustizia”, avendo il Giudice e il Pubblico Ministero creduto alle rivelazioni della donna in merito alle denunciate intimidazioni. Angelo Velotto, un noto imprenditore di Casagiove, , era stato dunque nuovamente rinviato a giudizio per la nuova accusa ma è stato mandato assolto ai sensi dell’art. 530 II comma codice di procedura penale perché il fatto non sussiste, dal Giudice Monocratico Antonio Riccio dell’articolazione territoriale di Caserta -Tribunale di S. Maria C. V. , al termine della discussione svoltasi nella mattinata del 17 febbraio. Il Pubblico Ministero aveva chiesto la condanna alla reclusione di due anni, senza benefici di legge e la parte civile, Aveta Emma di S. Maria C. V. , difesa dall’Avv. Luca Viggiano, aveva altresì richiesto il risarcimento del danno. Nel corso dell’arringa, il difensore dell’imputato, Avv. Fabio Candalino, ha sottolineato l’incertezza della notizia di reato e vagliato una serie di possibili contraddizioni, aggiungendo con l’avallo di taluni documenti depositati, che l’imputato , dopo un burrascoso passato, da circa una decina di anni, avesse mutato completamente stile di vita e avviato una rinomata attività imprenditoriale, dedicandosi al lavoro e alla famiglia. Nel corso del processo sarebbe merso che la signora Emma Aveta avrebbe sovente richiesto somme di denaro all’imputato proprio all’epoca dei fatti, elemento questo che secondo il difensore andava tenuto nel debito conto unitamente ad altri profili di inattendibilità del testimone. Così il difensore dell’imputato ha concluso , chiedendo per il suo assistito l’assoluzione con formula piena.