SAN FELICE A CANCELLO. Il fenomeno degli allagamenti causati dalle esondazioni dell’Alveo Trave è sempre oggetto di numerose pronunce giurisdizionali che riconoscevano il Comune di San Felice a Cancello responsabile dell’omessa manutenzione del corso d’acqua con conseguente risarcimento dei danni nei confronti dei proprietari dei terreni danneggiati da eventi alluvionali.
Ebbene in data 05.12.2016 la Corte di Appello di Napoli con la sentenza n. 4313/2016, decidendo su una controversia promossa dai Sig. Sgambato Francesco e Sgambato Maria, ha clamorosamente ribaltato tale orientamento.
E’ stata infatti annullata la precedente decisione del Tribunale di S.Maria C.V. – Sezione di Marcianise- con la quale nel 2011 il Comune di San Felice a Cancello era stato condannato a versare la somma di € 27.500,00 ai sig.ri Sgambato Francesco e Sgambato Maria (nel frattempo deceduta) in quanto ritenuto responsabile per il danneggiamento delle coltivazioni di tabacco, causato dallo straripamento del canale tra il 1997 e il 2001.
I Giudici partenopei hanno infatti accolto in pieno la tesi dell’Avv. Luigi De Rosa (incaricato nell’anno 2012 di patrocinare il Comune nella causa intentata dai sig.ri Sgambato), il quale, richiamando una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione risalente al 1997, aveva sostenuto che l’Alveo Trave è un corso d’acqua che rientra nella categoria dei beni demaniali suscettibili di utilizzazione a fini pubblici, e che, pertanto, la sua manutenzione e corretta gestione non poteva essere demandata al Comune bensì alla Regione Campania, ai sensi del D.P.R. n. 8 del 15.01.1972 e dalla L. 183/1989.
Fondamentale in tale ottica è stata la ricostruzione, operata nel corso del giudizio di Appello, delle vicende connesse alla predisposizione di opere finalizzate a evitare, purtroppo infruttuosamente, i fenomeni di esondazione.
Inizialmente infatti il Comune deliberò la costruzione di argini in parte con gabbioni pulvis e in parte in terra, delimitando un vero e proprio invaso a ridosso dell’area di recapito finale dell’Alveo Trave.
Tuttavia era stato successivamente accertato che tale intervento si era rivelato insufficiente a consentire lo smaltimento delle acque nelle aree che, come appunto i terreni interessati dagli allagamenti, fiancheggiavano il canale, in quanto in esse confluivano anche i reflussi di liquami provenienti dai paesi limitrofi.
Solo la realizzazione del collettore caudino, messo in funzione nel 2004 dopo ripetute verifiche tecniche e collaudi, aveva consentito di eliminare, almeno parzialmente, i fenomeni di allagamento dovuti in concomitanza di forti precipitazioni.
Per tale ragione risultava evidente che la manutenzione del corso d’acqua necessitava di interventi di tipo strutturale realizzabili solo di concerto con la Regione Campania, e nel rispetto dei criteri fissati dal D.L. dell’8 maggio 1998, seguita alla dichiarazione dello stato di calamità per gli eventi franosi che avevano colpito il territorio dei comuni di Sarno, Quindici, Siano, Bracigliano e S. Felice a Cancello.
“E’ una sentenza che finalmente fissa i criteri di ripartizione della responsabilità per i danni causati dalle esondazioni dell’Alveo Trave”- spiega l’avv. Luigi De Rosa- “nelle precedenti statuizioni non era stato considerato che la particolare conformazione del canale, che attraversa i Comuni di Arpaia, Forchia ed Arienzo ed ha solo il suo recapito finale nel tenimento sanfeliciano, richiede l’adozione di misure idonee ad evitare danni a terzi, che vanno ben oltre l’ordinaria manutenzione e che presuppongono l’intervento della Regione, Ente al quale sono state trasferite le competenze amministrative in materia di opere idrauliche”. In base al principio affermato dalla Corte di Appello di Napoli le domande risarcitorie non potranno più essere azionate dinanzi al Giudice civile, bensì dinanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche”.
